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Doveva essere un arsenale «a prova di bomba atomica», ma i droni ucraini sono riusciti a incendiarlo, distruggendo missili, bombe aree e proiettili di artiglieria. Il Parlamento europeo vota una mozione a favore degli attacchi con armi Nato su suolo russo
È stata la più grande esplosione dall’inizio della guerra, rilevata dai sismografi, avvistata persino dai satelliti Nasa. A saltare in aria è stato uno dei più grandi depositi di munizioni delle forze armate russe, colpito da droni ucraini che hanno viaggiato fino alla regione di Tver, a più di 400 chilometri dalla linea del fronte.
Il Cremlino minimizza. Nei notiziari russi non c’era traccia della notizia e il governatore della regione ha parlato soltanto di un incendio causato da rottami di droni abbattuti e dell’evacuazione di parte della popolazione della cittadina di Toropets. Ma i filmati diffusi su Telegram e le chat degli abitanti della zona non lasciano spazio a dubbi.
Le immagini mostrano una colonna di fuoco e fumo a forma di fungo nucleare, alta decine e decine di metri. L’intera area circostante è illuminata come fosse giorno, nonostante siano le tre di notte. Nei filmati si sente un fortissimo boato, seguito da numerose esplosioni secondarie. L’esplosione e l’incendio seguente hanno coinvolto diversi chilometri quadrati di territorio, compresi diversi villaggi vicini.
«Scappiamo come topi dalle nostre abitazioni. Dove sono le difese aeree?», ha scritto ieri notte un abitante in un gruppo di Vkontakte, l’equivalente russo di Facebook. «Tutto quello che può andare a fuoco sta bruciando», ha scritto sul suo canale Telegram Yuri Podoluaka, blogger militare di origine ucraine ma trasferitosi in Russia.
Fonti ucraine hanno rivendicato l’attacco, dicendo che nel deposito sono stati distrutti missili a lungo raggio e bombe plananti utilizzate contro le città ucraine, oltre a decine di tonnellate di proiettili di artiglieria. Secondo esperti consultati dall’agenzia Reuters, le esplosioni visibili nei filmati sono paragonabili a quelle generate dalla detonazione di circa 240 tonnellate di esplosivo.
Secondo articoli pubblicati negli anni scorsi dai media russi, nel 2018 a Toropets era stato ultimato uno dei principali depositi di armi convenzionali di tutta la Federazione russa. L’allora viceministro della Difesa Dmitry Bulgakov aveva descritto il deposito come «impervio ad attacchi aerei e persino agli effetti distruttivi di un’esplosione nucleare». Bulgakov si trova agli arresti con l’accusa di corruzione dalla scorsa primavera.
L’Ue e gli attacchi in Russia
Il bombardamento di Toropets dimostra che Kiev è ormai in grado di colpire bersagli di primaria importanza sul territorio russo, senza bisogno di ricorrere ad armamenti forniti dagli alleati. Ma questo non diminuisce la pressione degli ucraini e dei loro sostenitori affinché gli venga dato il via libera per questo tipo di attacchi.
Oggi, anche il Parlamento europeo dovrebbe prendere posizione sulla questione, con il voto su una risoluzione congiunta di tutti i gruppi di maggioranza in cui si chiede agli stati membri «revocare immediatamente le restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo».
La risoluzione è un documento non vincolante che difficilmente persuaderà gli stati europei ancora contrari a questi attacchi, Germania ed Italia in testa. Questa settimana, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito che la decisione in Germania è stata presa e che «non cambierà». Dopo aver espresso la sua netta contrarietà all’uso di armi italiane in Russia questa primavera, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha più dato segnali di voler cambiare posizione, nemmeno dopo la recente visita in Italia del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
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