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Il rischio di raid continui dell’Idf in Libano ora spaventa gli Stati Uniti #adessonews

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Il bilancio dell’attacco dell’esercito israeliano nella periferia sud di Beirut è salito a 37 morti. Israele ha chiuso per 24 ore lo spazio aereo, Hezbollah ha lanciato razzi nel suo territori

Sale a 37 morti, tra cui tre bambini, il bilancio dell’attacco israeliano di venerdì alla periferia sud di Beirut. Lo ha riferito il ministero della Salute libanese mentre Israele ha chiuso per 24 ore lo spazio aereo nel nord. Anche Hezbollah ha riferito di un aumento del numero dei suoi membri uccisi nel raid israeliano alla periferia meridionale di Beirut.

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Lo riporta Al Jazeera secondo cui il Partito di Dio ha riferito di due comandanti militari e 14 combattenti morti nell’attacco israeliano. Tra le vittime, Hezbollah ha elencato il capo dell’unità d’elite Radwan, Ibrahim Aqil, e un alto comandante della stessa forza speciale, Ahmed Wahbi. Secondo Haaretz, tra i nomi ci sarebbero anche altri due responsabili delle forze Radwan, Abu Yasser Attar e Al-Hajj Nineveh, oltre che Hussein Ali Ghandour.

Le forze di difesa israeliane hanno comunicato di aver ucciso con un raid aereo a Gaza l’ufficiale dell’intelligence di Hamas, Muhammad Mansour.

Era una «fonte importante di conoscenze tecnologiche», ha dichiarato l’Idf, aggiungendo che nell’arco di una giornata circa 100 obiettivi sono stati colpiti dall’aeronautica militare in tutta la Striscia, tra cui edifici utilizzati dal gruppo. Uno di questi raid israeliani su scuola a Gaza ha provocato 13 morti. Ma ora l’attenzione dei militari è a nord dove carrarmati vengono trasportati lungo l’autostrada verso il Libano.

Israele dunque avrebbe sferrato una mazzata a Hezbollah, la forza dominante nel paese dei cedri, sin dalla formazione del movimento all’inizio degli anni Ottanta e alleata del regime iraniano. Radwan è il braccio militare di Hezbollah responsabile delle operazioni in Israele che hanno costretto alla fuga numerosi israeliani dalle loro abitazioni e della difesa del Libano meridionale da un’invasione di terra.

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Da mesi Israele colpisce il Radwan, con l’obiettivo di respingerlo dal confine ma Hezbollah possiede 150 mila tra razzi e missili, mezzi che possono bucare il sistema difensivo Iron Dome. E nel pomeriggio dal Libano sono arrivati razzi su Israele. Alcuni militari e politici israeliani vorrebbero una fascia minima di sicurezza altri vorrebbero spingersi fino al fiume Litani, ricreando l’invasione durata dal 1982 al 2000, fino al ritiro voluto da Ehud Barak.

Colpire i massimi comandanti di Hezbollah su tale scala rappresenta, secondo Ft, un duro colpo anche per l’Iran, che considera il gruppo libanese il suo più stretto alleato nella regione.

Gli scenari

Ma fino a quando e dove si potrebbe spingere l’assalto di Israele contro Hezbollah? C’è il rischio che il sud del Libano si trasformi in una seconda Gaza, conflitto che dura da 10 mesi e ha provocato 41mila morti palestinesi in maggioranza civili composti da donne e bambini? E in questo caso la Casa Bianca resterebbe silente e in sostanziale appoggio oppure cambierebbe politica? Diversi alti funzionari Usa hanno ammesso che un accordo per un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi è improbabile prima della fine del mandato del presidente Joe Biden affossando le residue speranze per un accordo.

Vero è che Washington non ha rivisto la decisione di maggio di sospendere l’invio delle bombe da una tonnellata richieste da Israele. Ma Washington non cambierà politica fino alle elezioni presidenziali sebbene il segretario alla Difesa Lloyd Austin abbia disdetto l’arrivo a Tel Aviv previsto lunedì, per evitare che si possa pensare che gli Usa sostengano una incursione nel sud del Libano. Venerdì l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha dichiarato al Consiglio di sicurezza che l’attacco ai dispositivi di comunicazione di Hezbollah viola il diritto internazionale e potrebbe costituire un crimine di guerra. Una mossa che in vista dell’arrivo di Netanyahu all’incontro annuale al Palazzo di Vetro non mancherà di surriscaldare l’atmosfera.

Israele ha presentato ricorso contro la richiesta di emettere mandati di arresto della Corte penale internazionale contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, affermando che la mossa sarebbe «illegale». Lo riporta Haaretz citando una nota del ministero degli Esteri israeliano in cui si annuncia che lo Stato ebraico ha presentato un’obiezione alla giurisdizione della Cpi.

La Corte «non ha alcuna autorità in relazione al caso in questione», afferma il ministero aggiungendo che Israele ha «descritto in dettaglio come il procuratore abbia palesemente violato la costituzione della Corte». Fino a quando Israele potrà sostenere un isolamento internazionale crescente?

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