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Grano duro, tenero e mais, verso mesi ad alta volatilità #adessonews

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prezzi grano duro

Le previsioni sulla campagna 2024/25 e sull’andamento dei prezzi sono state illustrate durante l’evento “Commodity Agricole” di Unione Italiana Food e Areté

Anche quest’anno Unione Italiana Food e Areté – The Agri-food Intelligence Company hanno analizzato trend e prospettive per l’anno a venire delle commodity agricole.

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Nello specifico, per quanto riguarda i cereali, i prezzi sono attualmente sostenuti da problematiche lato offerta che hanno interrotto il trend di discesa che ha caratterizzato gli ultimi due anni.

Le piogge eccessive hanno avuto un impatto, dalla fase di semina alla raccolta, sulle rese e la qualità dei frumenti (tenero e duro) nell’Europa nord-occidentale, mentre la siccità che è andata aggravandosi nel corso dell’estate ha limitato le prospettive di resa del mais nell’Europa orientale.

Le piogge di metà settembre, inoltre, hanno causato problematiche qualitative anche sul raccolto di mais: l’Italia è tra le aree maggiormente interessate dalla scarsità di prodotto di qualità. Le produzioni cerealicole hanno subito forti cali anche nell’area del Mar Nero: i volumi di frumento tenero e mais esportabili da Russia e Ucraina risultano in calo rispetto agli ultimi due anni. Il calo della disponibilità nell’area del Mediterraneo è potenzialmente compensato da produzioni abbondanti in Nord America: Stati Uniti e Canada hanno a disposizione maggiori volumi esportabili di frumento tenero e duro, ed il raccolto statunitense di mais si appresta ad essere il secondo di sempre per volumi. Resta ancora incerto il ruolo della Turchia sul mercato del frumento duro: dopo esportazioni record nella scorsa campagna e nonostante un raccolto abbondante, il Governo turco sta dando la precedenza al mercato interno.

La produzione europea di orzo, a differenza di quelle di mais e frumento, è risultata in crescita rispetto allo scorso anno: ciò non è tuttavia sufficiente ad evitare un deficit sul mercato globale, a causa dei cali produttivi previsti in Canada e Russia.

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Sul riso, si segnala a livello internazionale una maggior disponibilità di prodotto asiatico, anche grazie alla rimozione del ban all’export da parte dell’India andrebbe a dare respiro alle limitate scorte nei paesi importatori. In Italia, aree seminate 2024 in aumento per il secondo anno consecutivo risulterebbero il principale driver di aumento dell’offerta, ma occhio alle rese che potrebbero aver subito l’impatto delle recenti piogge.

Mais, verso un aumento dei listini

Nello specifico, per il mais la situazione vede, secondo i dati Areté, gli Usa come maggiore paese produttore (32% di quota a livello mondiale), seguiti da Cina (24%), Brasile (10%) e Ue (5%). Maggiori esportatori sono invece, alle spalle degli Usa (29%), Brasile (24%), Argentina (18%) e Ucraina (15%). Principali importatori sono Cina (12%), Ue (10%), Messico (12%) e Giappone (8%).

Nel 2024/25 sarà proprio la produzione proveniente dalle Americhe (in particolare Usa e Brasile), a garantire molto probabilmente un’adeguata offerta. Nonostante il leggero calo produttivo a livello mondiale, la campagna in questi Paesi è stata (Usa) o si preannuncia (Brasile) abbondante. Si attende, stante questa situazione, anche un rialzo dei prezzi specialmente in Europa, per i maggiori costi logistici a fronte della necessità di importare da più lontano. Del resto, l’ultima campagna Ue è peraltro caratterizzata da diversi problemi qualitativi.

Frumento tenero, quotazioni in altalena

A livello globale, la geografia del frumento tenero è piuttosto variegata. I principali produttori sono infatti Cina (18%) e Ue (17%), seguite da India (14%), Russia (11%) e Usa (6%). I principali esportatori sono Russia (24%), Ue (16%), Canada (11%), Australia (10%) e Usa (10%), mentre i maggiori importatori sono Egitto (6%), Indonesia (5%), Ue (5%), Cina (5%) e Turchia (5%). Il mercato globale è previsto per il 2024/25 in leggero deficit, nonostante una produzione stimata in aumento. Pagano soprattutto problemi climatici importanti aree produttive come Ue (-8%), Russia (-9%) e Ucraina (-3%). Bene invece le performance in Usa (+9% rispetto allo scorso anno) e Canada (+6%).

Difficile, per la situazione che si è venuta a creare, stimare le tendenze dei prezzi per i prossimi mesi, che verosimilmente saranno caratterizzati da un’alta volatilità. L’impatto del flusso commerciale dall’Ucraina verso la Ue è infatti destinato a ridursi per la minore disponibilità di merce. Sempre dall’area del Mar Nero, nonostante la logistica sia notevolmente migliorata rispetto a un anno fa, i mercati sono ancora molto esposti dal punto di vista geopolitico. Permane inoltre l’incognita dei mezzi tecnici (tra cui i fertilizzanti), i cui prezzi rimangono ancora storicamente elevati: ciò potrà impattare sulle scelte di semina e anche sulla qualità del raccolto 2025.

Frumento duro, moderata serenità a livello globale

Per quanto concerne la geografia del grano duro, i principali paesi produttori sono la Ue con una quota del 19%, seguita da Canada (17%) e Turchia (13%). I maggiori esportatori sono Canada (52%), Turchia (11%) e Usa (8%). I principali importatori sono la stessa Ue (28%), seguita da Algeria (16%) e Marocco (13%).

Per l’annata 2024/25 la produzione mondiale è stimata in aumento rispetto a quella precedente, ma gli stock, dopo i minimi del 2023/24, rimarranno a livelli particolarmente bassi. La parte del leone, quest’anno, è del Nord America (Usa e Canada), dove condizioni favorevoli in campagna hanno determinato un aumento della produzione del 43%, che si rifletteranno in una crescita dell’export attorno al 51%. Inversa, invece, la situazione nella Ue, che deve fare i conti con un raccolto non abbondante (a causa soprattutto di problemi meteo) e quindi con un elevato fabbisogno di importazione. Sarà proprio l’Italia, peraltro, tra i primi Paesi che avranno necessità di acquistare grano duro proveniente dall’estero. Importazioni record sono attese anche dal Nord Africa.

Tutta da interpretare la situazione in Turchia, un paese che anche per il 2024/25, come avvenuto solo nelle ultime annate, ha stabilito un altro record produttivo, ma che facilmente vedrà l’export in calo per maggiori consumi interni. Sul fronte prezzi, dunque, l’aumento dei quantitativi disponibili a livello mondiale è un fattore ribassista sui mercati, ma una certa volatilità potrebbe essere ingenerata dal massiccio fabbisogno di importazione europeo e italiano in particolare. Non sono quindi esclusi anche improvvisi shock sulle piazze, dal momento che i quantitativi stoccati sono ancora molto limitati e occorrerebbero più buone campagne consecutive per dare maggiore stabilità ai listini.

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