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Neuromarketing, quando la pubblicità entra nella nostra mente: i diritti in gioco #adessonews

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Quando parliamo di privacy, parliamo anche del “to be let alone” ovvero della necessità e del diritto di proteggere la sfera intima del singolo individuo al fine di evitare che vi sia una intromissione di terzi e che le informazioni del singolo vengano divulgate in assenza di specifica autorizzazione.

I pensieri non espressi: l’ultima frontiera della riservatezza

L’originario diritto alla privacy, coniato da una idea giuridica nord americana del 1980 da S. Warren e L.D. Brandeis, nel The Right to Privacy” e che ultimamente ha ceduto in parte il passo al principio della protezione del dato personale, necessita di essere nuovamente considerato anche nella sua luce originaria a seguito dei progressi delle neuroscenze e delle neuro tecnologie.

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L’esondazione dell’utilizzo di competenze e tecnologie dal pregiatissimo utilizzo in ambito di ricerca medica al cosiddetto neuromarketing, pone dei temi di altissima rilevanza al punto da discutere sulla necessità di prevedere nuovi neuro diritti in una società sostenibile.

Come tra l’altro ricordato nella relazione annuale del Presidente Pasquale Stanzione 2023 – titolata “Regolare il futuro la protezione dei dati per una innovazione antropocentrica”- la continua espansione ed evoluzione dell’intelligenza artificiale, impone un limite di sostenibilità, delle colonne d’Ercole da non varcare perché il progresso tecnologico non divenga, paradossalmente socialmente regressivo. I progetti di utilizzo dell’intelligenza artificiale in campo neuroscientifico pongono degli “alert” sia in termini di utilizzo consumeristico, sia di tutela dell’individuo dalla sorveglianza di massa.

Difatti i pensieri non espressi costituiscono l’ultima delicatissima frontiera della riservatezza. Questo limite – apparentemente invalicabile – si è sgretolato fondamentalmente perché le neuroscienze e le neurotecnologie hanno fatto progressi tali da rendere possibile la lettura e in alcuni casi, addirittura, la sovrascrittura cioè la modifica del pensiero espresso.

Davanti a noi, come anche sottolineato da Guido Scorza componente del Collegio della Autorità Garante per la protezione dei dati personali, si trovano frontiere sconfinate ed anche preoccupanti per quanto riguarda la capacità di desumere da condotte note desideri ignoti degli utenti e dei consumatori. Inoltre, le analisi neuroscientifiche permettono di raccogliere una grande quantità di dati relativi ai consumatori.

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Cos’è, esattamente, il neuromarketing

Ma cosa si intende per neuromarketing? Ale Smidts, docente alla Rotterdam School of Management, lo descrive come “lo studio del meccanismo cerebrale per comprendere il comportamento del consumatore al fine di migliorare le strategie di marketing”. Ovvero con questo termine ci si riferisce ad una vera e propria disciplina scientifica che nasce dall’applicazione delle pratiche neuroscientifiche al marketing con lo scopo di riconoscere ed analizzare sia i processi consci che inconsci.

Difatti i nuovi modelli economici prendono atto che, la maggior parte dei processi cognitivi avviene al di sotto della sfera cosciente, comprese le attività di decision making. Tramite il neuro marketing si attivano emozioni in maniera non consapevole, determinando comportamenti di acquisto senza che la parte conscia ne sia consapevole, se non dopo diverso tempo.

Neuromarketing e rischi inediti per i diritti fondamentali della persona

Questa nuova frontiera della scienza e della connessa tecnologia induce da un lato a prospettare rischi inediti per i diritti fondamentali della persona, dall’altro a «ricercare sullo stesso terreno le possibili soluzioni teorico-giuridiche che rispondano a nuove esigenze di tutela. Quesiti si presentano ad esempio sulla formazione del consenso, nonché in merito ai diritti del consumatore, e alla correttezza del messaggio pubblicitario trasmesso. Difatti il neuromarketing potrebbe compromettere il libero arbitrio del cliente, tanto da incorrere in pratiche pubblicitarie e commerciali scorrette, in violazione del Codice del consumo. Infatti, il consumatore è molto più influenzabile in caso di spot subliminali ma, ricordiamo, la pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta (art. 1, comma 2, D.lgs. 145/2007).

Una nuova frontiera del diritto del consumatore

Si delinea pertanto una nuova frontiera del diritto del consumatore che avrà ad oggetto non più solamente il divario tra consumatore e impresa in termini di asimmetria informativa, ma anche per quanto concerne la capacità dell’azienda di alterare il libero arbitrio dell’individuo. Questo perché l’aspetto più controverso è il fatto che il neuromarketing sia utilizzato non tanto quanto strumento per rispondere al meglio alle esigenze del cliente, quanto in realtà per fini manipolatori e di scelte indirizzate. Difatti il rischio è che l’impatto sulla libertà contrattuale e sull’autodeterminazione del consumatore possa essere amplificato dalla “profilazione algoritmica” nel senso che al consumatore vengono inviati quei segnali che l’algoritmo di machine learning individua come pertinenti al modello comportamentale che gli attiene e come tali idonei a provocare il riflesso che ci si attende.

Neuromarketing e influencer

In merito all’utilizzo di tecniche di neuromarketing un caso meritevole di attenzione lo abbiamo con l’utilizzo degli influencer, il quale uso pur non rientrando strettamente nel neuromarketing comporta diversi ambiti di connessione. Difatti il neuromarketing utilizza tecniche neuroscientifiche per analizzare come il cervello risponde a diversi stimoli pubblicitari, permettendo ai marketer di creare campagne più efficaci, mentre gli influencer, invece, utilizzano il loro seguito e la loro credibilità per promuovere prodotti e marchi, generando fiducia e influenza tra i loro follower.

Con l’uso degli influencer l’interazione tra neuromarketing e l’influencer avviene quando i dati raccolti tramite il neuromarketing vengono utilizzati per ottimizzare le campagne degli influencer. A esempio, attraverso l’analisi delle risposte emotive del pubblico, le aziende possono identificare quali messaggi e contenuti hanno maggior impatto emotivo e coinvolgimento. Questo consente agli influencer di adattare le loro strategie di comunicazione per massimizzare l’efficacia delle loro promozioni.

Si evidenzia che in merito agli influencer si è recentemente intensificato anche il dibattito sulla necessità di una regolamentazione che sia in grado di equilibrare il peso che questi esercitano sulle scelte di consumo, con le esigenze di trasparenza e la tutela dei diritti dei consumatori.

Obblighi specifici per i content creator: le linee guida Agcom

In tale contesto, il 16 gennaio 2024, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha emanato le Linee Guida per assicurare che gli influencer osservino le disposizioni previste dal Testo Unico dei servizi di media audiovisivi (“Testo Unico” o “Tusma”).

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Le predette norme mirano a definire obblighi specifici per i content creator, distinguendo tra attività professionali e amatoriali, e introducono sanzioni per le violazioni. I principi del TUSMAR considerati applicabili all’attività degli influencer da parte dell’Autorità, includono sostanzialmente quegli ambiti di tutela delle persone e dei minori necessari a garantire trasparenza nelle comunicazioni e un ambiente digitale il più possibile aderente ai principi generali dello Stato e della società civile. Si passa quindi dalla garanzia del pluralismo alla libertà di espressione, dalla dignità umana al contrasto ad odio e discriminazione, dal contrasto alla disinformazione alla tutela della proprietà intellettuale, dalla protezione del patrimonio culturale e ambientale alla promozione del benessere e dello sviluppo del minore. Allo stesso modo, è previsto che i contenuti non debbano contenere alcuna istigazione a commettere reati o apologia degli stessi, con particolare riferimento a violenza, odio e terrorismo, con l’obiettivo di creare un ambiente online più sicuro.

Anche grazie a queste prime linee guida sembrerebbe che Agcom abbia oltrepassato il Rubicone, nell’auspicio che si attui sempre più una cooperazione tra le diverse Autorità indipendenti per il rispetto della individualità delle persone sia quali singoli che come consumatori.



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