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Va avanti evidentemente fino all’ultimo secondo il lavoro sulle coperture della manovra da circa 25 miliardi di euro. Gli ultimi giorni hanno visto forti divergenze tra i ministri e il titolare di via XX settembre Giancarlo Giorgetti sui tagli di spesa ritenuti necessari dal Mef e litigi in maggioranza sull’ipotesi di maggiori tasse a carico delle banche. Martedì era atteso in Consiglio dei ministri il Documento programmatico di bilancio, la cornice macroeconomica della manovra con le principali voci di entrata e di spesa, che in base ai regolamenti europei va inviata a Bruxelles entro il 15 ottobre. Stando alla convocazione inviata ai ministri, attesi a Palazzo Chigi alle 20, sul Dpb si terrà solo una “informativa“. Locuzione che di solito viene utilizzata quando il documento di cui si parla non è ancora chiuso. In compenso, all’ordine del giorno compaiono anche il ddl di Bilancio – atteso in Parlamento entro il 20 ottobre – e il decreto fiscale collegato.
Dal lato delle uscite le voci principali sono la conferma della riduzione del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro (circa 14 milioni di lavoratori) e dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, il pacchetto famiglie con gli aiuti ai nuclei numerosi, il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione e i fondi per la sanità.
Per finanziare il menù, più le spese indifferibili, il Mef può contare al momento su circa 15 miliardi: 9 in deficit grazie al fatto che quello tendenziale per il 2025 è sotto le previsioni e consente al governo di sfruttare quello spazio fiscale come copertura, 6 dall’abolizione dell’Aiuto per la crescita economica (che ne valeva 4,8 di cui 1,3 già usati per la super deduzione del costo del lavoro per chi assume a tempo indeterminato), dal rifinanziamento del Fondo per la riduzione della pressione fiscale in cui confluiscono le maggiori entrate strutturali da lotta all’evasione e dall’imposta minima del 15% sulle multinazionali.
Altre risorse arriveranno da un “contributo” delle banche. Il resto è ancora da trovare e i negoziati sono destinati ad arrivare fino alla riunione dei ministri. Dai tagli alle amministrazioni centrali e ai Comuni si punta a racimolare 3 miliardi. Qualche risparmio è atteso dalla potatura delle micro spese fiscali. Dal settore dei giochi si punta a ricavare circa mezzo miliardo. C’è poi l’incognita del concordato preventivo biennale: il gettito si saprà in via definitiva solo il 31 ottobre quando scadrà il termine per le adesioni. Che al momento sarebbero ai minimi termini.
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