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Era accaduto con la tempesta Boris ed è valso anche con l’ultima alluvione: l’acqua dell’Adriatico che si riscalda e gli Appennini che fanno da scudo al vapore acqueo hanno un ruolo fondamentale nella frequenza con cui questo tipo di eventi colpiscono l’Emilia-Romagna. A metà settembre lo aveva spiegato l’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr parlando proprio della tempesta Boris e del sistema ciclonico che si era spostato dall’Europa nord-orientale alla Penisola: “L’amplificazione del processo di evaporazione, a causa delle elevate temperature del Mar Adriatico, ha ulteriormente alimentato il sistema, immettendo in atmosfera ingenti quantità di vapore acqueo trasportate dal Mediterraneo meridionale verso l’Adriatico”. Una dinamica confermata, in un’intervista a La Repubblica, da Carlo Cacciamani, il meteorologo che dirige l’agenzia nazionale ItaliaMeteo e che era a casa sua, a Bologna, durante l’ultimo nubifragio. “Ci troviamo tra un mare caldo, vista l’estate torrida, e un Appennino che ostacola il defluire delle perturbazioni e innesca i temporali” ha raccontato al quotidiano. Va ricordato che a luglio la temperatura dell’Adriatico è arrivata ai trenta gradi. Solo che poi l’Appennino ostacola il defluire delle perturbazioni. E il disastro resta tutto in Emilia-Romagna.
Il Mar Adriatico come una vaporiera – Poche settimane fa l’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr aveva spiegato gli effetti delle elevate temperature del Mar Adriatico, raccontando di come le ingenti quantità di vapore acqueo trasportate dal Mediterraneo meridionale verso l’Adriatico, avessero favorito l’instabilità, aumentando l’energia disponibile. Di fatto, già prima dell’arrivo della tempesta, i meteorologi avevano fatto notare che la temperatura del mar Adriatico era ancora sui 25 gradi, un valore piuttosto elevato considerando le caratteristiche del ciclone. E prevedendo un contrasto termico di 45 gradi in 5mila metri che avrebbe potuto generare fenomeni estremi. Senza nevicate, l’acqua delle piogge avrebbe fatto il resto, contribuendo a gonfiare i fiumi. Cosa è accaduto nei giorni scorsi? Secondo il meteorologo Mattia Gussoni, del Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Torino, “la tempesta perfetta: da un lato il mare ancora piuttosto caldo, dall’altra la discesa di correnti instabili e fredda dal Nord Europa”. “Il Mar Adriatico – ha spiegato al Corriere della Sera – è diventato una vaporiera, capace di far evaporare tonnellate di acqua” poi ricadute come pioggia in Emilia Romagna (ma anche in Liguria, in Toscana, sulla Sicilia) come un vero e proprio diluvio universale”. Solo sulla provincia di Bologna sono cadute in 24 ore tra i 150 e i 200 millimetri di pioggia “quanta ne cade di solito in due mesi di precipitazioni”.
Lo scudo delle montagne – Ma c’è un altro elemento che contribuisce a rendere queste precipitazioni particolarmente pericolose per l’Emilia-Romagna. È l’Appennino, che blocca le precipitazioni, facendole ricadere sempre nelle stesse zone. “Si chiama effetto Stau – spiega Gussoni – e si genera tutte le volte in cui le correnti atmosferiche impattano perpendicolarmente contro un rilievo. L’aria, costretta a salire lungo il pendio della montagna si raffredderà e tale raffreddamento favorirà prima la saturazione dell’aria, poi la condensazione del vapore acqueo in eccesso”. Un po’ quello che avviene anche in altre regioni, come Toscana e Liguria.
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