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Grosseto. Cgil e Filctem delle province di Siena e Grosseto hanno tenuto oggi ad Abbadia San Salvatore un’iniziativa pubblica – “Sulla pelle dei lavoratori” – per fare il punto sulla grave crisi del comparto del cuoio e della pelletteria che sta assediando decine di aziende nelle quali lavorano ben oltre 2.000 addetti sui due versanti dell’Amiata.
«Ci troviamo davanti a una crisi congiunturale – ha detto Luisella Brivio, segretaria della Filctem Cgil Siena – che sul piano strategico reclama la creazione di un distretto industriale che sappia aggregare e rilanciare le attività, promovendo anche la nascita di imprese complementari a quelle di pelletteria, cosa che permetterebbe di incentivare sul mercato la nascita di prodotti originali in grado d’integrarsi con il tessile di qualità. Non sarà cosa facile, negli anni ’80, dopo la chiusura delle miniere, questo territorio si è reinventato puntando sulla pelletteria. Ora dobbiamo puntare sulla ripresa di comparto, ma soprattutto su un’organizzazione flessibile di distretto, evitando di perdere un treno che difficilmente ripasserà».
Fabrizio Dazzi, segretario della Filctem Cgil Grosseto, si è detto «preoccupato per i cedimenti di un modello produttivo che va salvaguardato perché in grado di generare ricchezza distribuita. In provincia di Grosseto non abbiamo i numeri di quella di Siena. Fra Castel del Piano, Arcidosso, Santa Fiora e Cinigiano abbiamo poco più di 150 addetti, ma se il comparto si riprendesse ci sarebbe la possibilità di incrementare questi numeri contribuendo a diversificare l’economia sul versante grossetano, integrando le vocazioni turistiche, agricole e manifatturiere già presenti. In questa fase è determinante garantire la continuità produttiva per non disperdere professionalità che poi è difficile ricostituire nel caso in cui i lavoratori cambino settore produttivo. Gli ammortizzatori sociali sono uno strumento, ma bisogna ragionare su come aggredire la crisi senza aspettarne le conseguenze»
Il sindaco di Abbadia San Salvatore, Niccolò Volpini, ha invece chiarito che «questa discussione avviata stamani deve interessare tutti, condividendola in modo più ampio possibile, non pensando il problema riguardi un singolo paese o area, né un’associazione di categoria o singolo sindacato. Ci possono essere priorità diverse, ma l’obiettivo deve essere lo stesso. Alla chiusura delle miniere la voce fu solo una, solo così quel passaggio fu meno doloroso. Che si chiami parco o distretto industriale, dovrà essere su misura per le nostre esigenze, ma è necessario salvaguardare un settore che rappresenta un intero territorio».
Stefano Casini Benvenuti, da economista, ha evidenziato come si debba «riflettere sulle dinamiche del Pil italiano, che dagli anni ’90 in poi è stato il peggiore nell’Unione Europea per tasso di crescita, dato dovuto alla produttività ferma. Fenomeno preoccupante, con competitività e salari che si sono bloccati. Con il problema che dentro all’economia è stato aggravato dalle crisi globali che si sono succedute e che hanno lasciato comunque strascichi a livello locale. Negli ultimi anni, inoltre, il mercato del lavoro è cambiato con la crescita dell’occupazione che è stata enfatizzata, perché comprende chi è in cassa di integrazione, che a sua volta è aumentata. Non è tutto positivo come si racconta, quindi. Poi è arrivato il calo della domanda di beni di lusso della pelletteria da parte della Cina, con la possibilità che in futuro con la frenata dell’economia globale si aggiungano altri problemi, per quanto sia possibile puntare su segmenti di mercato di alta qualità nei quali la Toscana si è nel frattempo specializzata. Bisogna infine ragionare anche sul fatto che, se le esportazioni rischiano di non essere più trainanti, dobbiamo chiederci come rendere possibile che un pezzo della filiera possa essere alimentato dal mercato interno con effetto positivo. Tenendo conto a monte che dobbiamo risolvere il problema della qualità del lavoro e dell’approvvigionamento energetico».
L’assessore regionale alle attività produttive, Leonardo Marras, ricordando che «la Regione ha aperto un tavolo, di confronto e che le risorse arrivate dal governo sono del tutto insufficienti», ha rimarcato che «la crisi può travolgere la Toscana, dove si producono una borsa ogni due vendute sui mercati mondiali. E poiché non siamo di fronte solo a una crisi della domanda, considerato che c’è chi pensa la ripresa possa arrivare tra il 2025 e il 2026, bisogna attrezzarsi per superare questa lunga traversata nel deserto con ammortizzatori sociali adeguati. Tamponare l’emergenza e affrontare gli elementi strutturali della crisi, compresa anche la carenza di liquidità delle imprese più grandi, è la precondizione per affrontare un complesso processo di ristrutturazione industriale per arrivare a organizzare un moderno ed efficiente distretto industriale anche nell’area amiatina con caratteristiche distintive rispetto a altre realtà già esistenti».
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