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Obesità, il peso sul singolo e sugli Stati e le strategie sociosanitarie per limitarne l’impatto #adessonews

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Le cifre parlano. E dicono molto. Con trend che preoccupano. Per il futuro, su scala mondiale si pensa che arriverà ad essere obesa quasi una persona su quattro. Con un impatto che si preannuncia drammatico in termini di spesa sanitaria: le stime parla di oltre 4,3 trilioni di dollari. Eppure parlare solo in termini numerici è riduttivo. Perché bisogna far fronte anche ad una discriminazione che porta a sottovalutare il problema, quasi a rimuoverlo. E le persone obese sono oggetto di biasimo, quasi si trattasse di una scelta. Insomma c’è una sottovalutazione, quasi una sorta di “allontanamento” dal problema che rischia di creare uno stigma ingiusto. E soprattutto rimuove la necessità di esplorare le cause profonde del fenomeno, che si sviluppa grazie ad un mix che vede implicati vari elementi, da quelli alimentari fino a quelli genetici, psicologici, socioculturali, economici e ambientali. Senza dimenticare ovviamente lo stile di vita.

I numeri dell’obesità nel mondo e in Italia

Le fonti sull’impatto dell’obesità sono molteplici. Ed occorre fare una scelta. Ma si possono prendere fonti molto attendibili per dare una misura di quanto sta accadendo e, soprattutto del futuro. In questo senso è di grande aiuto una ricerca recentemente apparsa su The Lancet, che ha visto coinvolti esperti della NCB Risk Factor Collaboration insieme all’OMS. L’analisi che emerge dallo studio fa riflettere. La prevalenza globale di questa malattia nell’ultimo trentennio sarebbe raddoppiata nelle donne, triplicata negli uomini e quadruplicata nei bambini e adolescenti arrivando a colpire 159 milioni di ragazzi, 879 milioni di adulti nel 2022, rappresentando dunque una vera e propria emergenza sanitaria a livello globale con un altrettanto drammatico impatto economico. Se nel mondo il trend preoccupa, in Italia si nota ancor di più come l’ambito sociale ed educativo sia basilare. Secondo i dati più recenti del Sistema di sorveglianza PASSI relativi al 2020-2021, la prevalenza dell’obesità nella popolazione adulta italiana è dell’11,1% tra gli uomini e del 9,7% tra le donne. Non solo:  si evidenzia anche  inoltre come la prevalenza dell’obesità sia maggiore nelle classi sociali meno abbienti e con un livello socio-culturale più basso. Risulta più che raddoppiata nelle persone che riferiscono molte difficoltà economiche arrivando fino ad un 17,9% rispetto alle persone che non ne riferiscono alcuna, dove scende all’8,3%. Invece, i dati nazionali sulla prevalenza di sovrappeso e obesità in età pediatrica sono forniti da due indagini di sorveglianza condotte dall’Istituto Superiore di Sanità: la prima, OKKIO alla Salute, è riferita a bambini di 8-9 anni ed evidenzia una prevalenza di obesità del 9,4% con percentuali leggermente più alte nei maschi rispetto alle femmine (9,9% vs 8,8%).

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Una malattia cronica e recidivante

Togliamoci dalla testa che l’obesità sia una condizione che la persona sceglie. E consideriamola invece quello che è, ovvero una vera e propria patologia. Tecnicamente, infatti, si parla di una malattia cronica, progressiva, non trasmissibile, recidivante, causata da una complessa rete di fattori, tra cui la genetica, i fattori psicosociali e ambientali. E non si tratta di una definizione casuale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato l’obesità come malattia fin dal 1948 e nel 2021 ha aggiornato la sua definizione come malattia cronica, progressiva e recidivante. Non solo: nel 2013, l’American Medical Association ha approvato una mozione che descrive l’obesità come uno “stato patologico con molteplici aspetti fisiopatologici”. Da allora, una serie di associazioni mediche hanno espresso opinioni simili. Nel marzo 2021, la Commissione Europea ha emesso un brief in cui definisce l’obesità come una “malattia cronica recidivante”, che a sua volta funge da porta d’accesso a una serie di altre malattie non trasmissibili. In Italia l’obesità non è riconosciuta dal SSN come malattia cronica non trasmissibile a sé stante, tuttavia è in corso l’iter parlamentare. Sul fronte medico, quando si parla di obesità? In presenza di un eccessivo accumulo di grasso corporeo in relazione alla massa magra, in termini sia di quantità assoluta, sia di distribuzione in punti precisi del corpo. La misurazione della distribuzione del grasso corporeo può essere effettuata con diversi metodi, dalla misura delle pieghe della pelle, al rapporto tra la circonferenza della vita e dei fianchi, o con tecniche più sofisticate come gli ultrasuoni, la Tac o la risonanza magnetica. Ovviamente il BMI, o Indice di Massa Corporea, rappresenta la misura per definire quando si parla di peso normale, sovrappeso o appunto obesità di vario grado.

Quali sono i rischi legati all’obesità

L’elenco è lungo. Ma proviamo comunque a definire perché una persona obesa corre maggiori pericoli in termini di salute. Prima di tutto, l’obesità aumenta il rischio di morte prematura. Ogni 5 Unità sopra l’indice di massa corporea 25, si associa a un rischio maggiore di mortalità prematura del 31%. Sovrappeso e obesità rappresentano il quinto rischio principale di morti globali. Almeno 2,8 milioni di adulti muoiono ogni anno in conseguenza di questa patologia.  Le gravi complicanze correlate all’obesità includono malattie cardio-cerebrovascolari (CVDs), diabete di tipo 2 e almeno 13 tipi di cancro e sono tra le principali cause di mortalità a livello globale. Almeno 5 milioni di decessi l’anno tra adulti sono dovuti a malattie attribuibili a sovrappeso e obesità. Sul fronte del metabolismo, Le persone con obesità hanno una probabilità 3,43 volte maggiore di contrarre il diabete di tipo 2. Non solo: i soggetti con obesità comparati a soggetti adulti normopeso hanno un rischio 12 volte più elevato di sviluppare 4 o più malattie correlate all’eccesso di peso. Ancora: l’obesità, oltre a favorire l’insorgenza o il peggioramento di patologia respiratorie,  aumenta le probabilità di sviluppare malattie delle articolazioni ed anche diversi tipi di tumore. Come se non bastasse, questa condizione patologica ha un forte impatto non solo sul fisico, ma anche sulla psiche. Chi è obeso, oltre a edere spesso limitata la sua qualità di vita, va più facilmente incontro ad ansia e depressione.

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L’importanza di un approccio mirato

Non parliamo solo di bilancia. E ricordiamo quanto può essere impattante il giudizio delle persone quando si riferiscono a chi soffre di obesità. Per questo il percorso che conduce ad un incremento ponderale particolarmente significativo va affrontato attraverso una collaborazione professionale tra i vari ambiti: medico, psicologico, politico, sociologico, in modo che ciascuno metta disposizione le proprie conoscenze e risorse per formare una rete capace di arginare e curare il problema. La collaborazione è fondamentale per un risultato ottimale. Gli obesi debbono affrontare ogni giorno il giudizio pungente di una società che si basa su canoni di perfezione estetica, che mal si confanno col sovrappeso. Occorre fare qualcosa di ben coordinato per spezzare il ciclo del biasimo e per operare tutti insieme, solo così si affronta questo complesso problema di salute pubblica globale. Le strategie sono molteplici e vanno messe in atto fin da bambini. Con la certezza che la ricerca sta andando avanti. Perché dal punto di vista scientifico ci sono diverse strategie per affrontare l’obesità, intervenendo nel modo ottimale con trattamenti mirati. “Nonostante i passi in avanti degli ultimi anni, l’obesità resta per i professionisti e i sistemi sanitari una condizione molto complessa da affrontare, con carenze culturali e assistenziali importanti, dovute alla sua multifattorialità, al suo decorso cronico e progressivo, alle molte complicanze cliniche associate e, in ultima analisi, alla difficoltà nell’ottenere risultati duraturi nella riduzione del peso corporeo. – commenta Rocco Barazzoni, Presidente della SIO, Società Italiana di Obesità – Oggi stiamo finalmente entrando in una nuova fase nel trattamento dell’obesità, con un nuovo paradigma farmacologico che ci permetterà non solo di fornire risposte a bisogni assistenziali finora largamente insoddisfatti, restituendo tempo e qualità di vita ai pazienti, ma anche di prevenire nel luogo termine le numerose patologie associate e di ridurne l’impatto oggi drammatico”. In questo senso, tra le diverse opzioni disponibili, va ricordata la recente disponibilità di un nuovo farmaco, tirzepatide, indicato per il trattamento dell’obesità, del sovrappeso in presenza di almeno una comorbidità, e del diabete tipo 2.

Con il contributo di Eli Lilly Italia





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