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Nella manovra di bilancio per il 2023 era stato deciso di dare per gli anni 2023 e 2024 un incentivo alle pensioni minime, che si è aggiunto all’adeguamento dell’inflazione che rivaluta ogni anno gli assegni pensionistici.
Nel 2023 il boost per le minime è stato dell’1,5% (6,4% per chi aveva almeno 75 anni) e del 2,7% nel 2024 senza distinzione di età. Con la manovra di bilancio il Governo aggiunge all’adeguamento automatico il 2,2% nel 2025 e l’1,3% nel 2026.
Pensioni minime: quanto salgono nel 2025
Nel 2025 le pensioni minime saranno di 617,90 euro per 13 mensilità, cui però si aggiungerà l’adeguamento automatico previsionale per il 2025 che verrà stabilito entro fine anno e applicato a partire da gennaio. Vediamo come vengono fatti i conti.
Le pensioni minime nel 2024 ammontano a 614,77 euro per 13 mensilità, questa cifra deriva dall’applicazione della maggiorazione del 2,7% applicata al trattamento minimo base che è di 598,61 euro (7.781,93 euro annui).
Per calcolare l’importo della pensione minima nel 2025 bisogna però applicare la maggiorazione del 2,2% a 604,60 euro, e si ottengono 617,90 euro mensili.
Infatti, i 604,60 euro derivano dall’1% di conguaglio dell’adeguamento all’inflazione 2024 che sarà a breve determinato e corrisposto in un’unica soluzione nelle pensioni di dicembre che quindi otterranno un conguaglio di poco meno di 80 euro.
Cos’è l’integrazione al minimo?
La pensione minima, anche detta “minimo”, viene utilizzata ogni anno come valore di riferimento per tutte le altre pensioni italiane compresa, ad esempio, la percentuale di adeguamento riconosciuta alle pensioni ordinarie.
Per chi ha un assegno che non arriva a quello della pensione minima di vecchiaia lo Stato prevede la cosiddetta “integrazione al minimo”. Si tratta di un’integrazione introdotta nel 1983 per tutelare i pensionati che hanno maturato il diritto alla pensione, ma il cui importo è inferiore a un determinato livello di reddito che lo Stato fissa annualmente come minimo per garantire una vita dignitosa. Pertanto, se la pensione è al di sotto di questa soglia, il pensionato ha diritto ad una integrazione, cioè ad arrivare almeno alla pensione minima. L’integrazione varia in base a determinati requisiti di reddito e familiari. Ecco come calcolarla.
Come si calcola l’integrazione al minimo
La pensione minima di vecchiaia è il riferimento per capire se le altre prestazioni pensionistiche debbano esser integrate per raggiungere questa soglia. Tuttavia, per il 2024 viene presa in considerazione la pensione minima di 598,61 considerando solo l’adeguamento automatico rispetto al 2024 e non la maggiorazione del 2,7% riconosciuta dallo Stato.
Per ottenere l’integrazione al minimo, si considerano i redditi individuali o quelli coniugali. Infatti, a seconda della situazione personale familiare del pensionato, i criteri per il calcolo dell’integrazione al minimo spettante possono variare.
1) Pensionato non sposato
Se il pensionato non è sposato o è separato, il limite di reddito per ottenere interamente l’integrazione è di 7.781,93 euro annui nel 2024. Per chi percepisce un reddito superiore, ma inferiore a 15.563,86 euro nel 2024, è prevista l’integrazione parziale. Oltre a questo limite non spetta alcuna integrazione.
ESEMPIO: se un pensionato ha un reddito di 4 mila euro e una pensione di 100 euro, può ottenere l’integrazione al minimo in misura piena. Se il reddito fosse di 9.000 euro e la pensione di 200 euro mensili, avrebbe diritto solo all’integrazione parziale, che viene calcolata sottraendo il reddito al massimale (15.563-9.000) e dividendo per 13 mensilità, in questo modo si ottengono 504 euro mensili, l’integrazione al minimo porta la pensione totale a 598,91 euro al mese.
2) Pensionato coniugato
Se il pensionato è sposato, ai fini del calcolo dell’integrazione al minimo si considerano i redditi coniugali, ma occorre verificare se la pensione abbia decorrenza antecedente al 1994 oppure successiva. Nel primo caso, i redditi coniugali non vengono considerati e ci si basa sui redditi individuali.
Nel caso in cui la pensione decorra successivamente al 1994, devono esser soddisfatte due condizioni:
- il beneficiario non deve superare i 15.563,86 euro nel 2024 di reddito annuo individuale;
- i redditi coniugali non devono superare 4 volte il trattamento minimo nell’anno di riferimento. Per il 2024 pertanto il limite massimo di reddito coniugale è di 31.127,72 euro annui.
Per i soli pensionati che sono andati in pensione nel 1994, il limite di reddito coniugale è pari a 5 volte il trattamento minimo.
Attenzione però, perché l’importo spettante di integrazione al minimo, è il minore che risulta dal confronto tra il reddito individuale e quello coniugale rispetto a quello conseguito.
Quali redditi sono esclusi dal calcolo
Ai fini del calcolo dei redditi individuali o coniugali non sono considerati:
- i redditi esenti da Irpef (pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni degli invalidi civili, trattamenti di famiglia…);
- la pensione da integrare al minimo;
- il reddito della casa di abitazione;
- gli arretrati soggetti a tassazione separata come il TFR.
Quali pensioni sono integrabili
Sono integrabili al minimo tutte le prestazioni previdenziali, comprese le indirette come la reversibilità (in questo articolo trovi tutto sulla pensione di reversibilità) erogate dall’Inps, dai fondi speciali per i lavoratori autonomi, dai fondi esclusivi e sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria ad eccezione della pensione supplementare.
Inoltre, l’integrazione al minimo non si applica alle pensioni liquidate esclusivamente con le regole del sistema contributivo cioè per chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 o ha esercitato l’opzione al sistema contributivo. Chi ha aderito ad opzione donna invece, può richiedere l’integrazione.
Leggi anche quali sono tutti i modi per andare in pensione nel 2024.
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