Per la Croce rossa «la situazione nel nord di Gaza è disastrosa» e «anche se si pensa che non possa andare peggio di così», aggiunge l’Unicef, «non c’è dubbio che peggiorerà». Ormai gli uffici della comunicazione di quelle (pochissime) organizzazioni e istituzioni umanitarie che ancora operano dentro la Striscia sembrano aver bisogno di una lingua nuova, in cui avverbi e aggettivi usati accanto a parole come «tragedia, disastro, catastrofe» non bastano più a smuovere l’opinione pubblica mondiale e la politica occidentale.
EPPURE i comunicati continuano a uscire e descrivono una realtà infernale. «Gli ordini di evacuazione in corso e le continue restrizioni all’introduzione di forniture essenziali lasciano la popolazione civile rimasta nel nord di Gaza in circostanze terribili. Le forniture degli ospedali sono quasi esaurite e al personale delle poche cliniche rimaste è stato detto di evacuare, lasciando un potenziale vuoto di servizi medici per i molti civili rimasti mentre continuano ad arrivare nuovi pazienti». A proposito di ospedali, ieri le forze armate israeliane si sono ritirate dall’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza, «lasciando una scia di distruzione nell’ultima struttura medica funzionante dell’area», stando alle dichiarazioni dei reporter di Al Jazeera presenti in loco. I quali hanno anche denunciato l’arresto, da parte dei soldati di Tel Aviv, di tutto il personale medico maschile. Ora la clinica si trova senza nessuno che possa curare i degenti e i nuovi arrivati.
IL PORTAVOCE dell’ospedale, Hisham Sakani, ha dichiarato «questa è la 14° volta che l’ospedale viene bombardato. I nostri medici sono ora in detenzione israeliana, le loro famiglie sono state uccise». Tra i morti anche il figlio di 8 anni del direttore della clinica, Hussam Abu Safia. L’attacco di ieri avrebbe anche distrutto il macchinario per l’ossigeno dell’ospedale, causando la morte di due bambini in terapia intensiva. «L’intera popolazione a nord della Striscia di Gaza è ora priva di qualsiasi servizio medico dopo che tutti gli ospedali sono stati distrutti e messi fuori uso».
Il direttore degli ospedali da campo del Ministero della salute di Gaza ha riassunto così la situazione: «Non conosciamo il destino del personale medico detenuto; le forze israeliane hanno distrutto le medicine nell’ospedale per impedirci di salvare i feriti; nella struttura si sta diffondendo odore di putrefazione; abbiamo bisogno dell’Oms per evacuare i feriti; tutta la popolazione del nord di Gaza rischia di morire». Quest’ultima frase, per quanto apocalittica, è stata pronunciata anche dal sottosegretario generale ad interim dell’Onu per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, Joyce Msuya, che ha anche aggiunto «gli ospedali sono stati colpiti e gli operatori sanitari sono stati arrestati. I rifugi sono stati svuotati e bruciati, ai soccorritori è stato impedito di salvare le persone da sotto le macerie». Venerdì l’Oms aveva dichiarato di aver perso tutte le comunicazioni con le sue squadre che lavoravano nell’area dell’ospedale di Kamal Adwan. La protezione civile di Gaza ha invece fatto sapere di aver interrotto le operazioni di soccorso a causa della minaccia di attacchi israeliani. Nella sola giornata di ieri, le vittime nella Striscia sono state almeno 30.
IN CISGIORDANIA continuano le violenze. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver ucciso un comandante di Hamas in un raid. I rastrellamenti delle forze dello stato ebraico hanno portato all’arresto di almeno 15 persone tra venerdì e sabato tra cui, denuncia l’Associazione dei prigionieri palestinesi, dei bambini. Sarebbero oltre 11.400 i palestinesi arrestati in Cisgiordania e a Gerusalemme est dal 7 ottobre a oggi.
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