Mona Mawari, farmacista di Dearborn, Michigan, e attivista contro la politica estera americana, incarna il sentimento crescente di disillusione tra la comunità musulmana degli Stati Uniti. Con il supporto dei democratici in crisi, l’elettorato musulmano dello swing state appare pronto a ribaltare gli equilibri delle presidenziali.
Ogni volta che una bomba casca sulla striscia di Gaza, Mona Mawari scrive un messaggio motivazionale dentro alla sua chat di attivisti su WhatsApp. Ogni foto di un bambino cadavere che affiora dalle macerie di un ospedale bombardato dagli israeliani, Mona scrive un post di fuoco incitando i suoi concittadini a boicottare il voto del 5 novembre.
Mona fa di mestiere la farmacista a Dearborn, Michigan, sobborgo popoloso e proletario alle spalle di Detroit, sede della comunità araba più grande d’America, serbatoio umano indispensabile per tenere in linea di galleggiamento l’industria americana dell’auto. I profughi iracheni, yemeniti, siriani eccetera, salvarono il comparto auto dallo sprofondo della crisi del 2008, quando Obama presidente concedette all’industria prestiti straordinari.
Mona Mawari è di origine yemenita ma è diventata orgogliosamente americana nonostante un missile saudita – di fabbricazione statunitense – la abbia ammazzato zio e nipote ad un funerale nello Yemen nel 2016. Mona – centinaia di migliaia come lei – oggi è consapevole che è più facile cambiare la storia da questa parte della barricata. Un segno sulla scheda elettorale per dare uno spintone al destino. Nel Michigan il destino si chiama partito democratico. Prima Obama e poi Biden, hanno vinto grazie al supporto dei musulmani. Una luna di miele che si interrotta bruscamente il 7 ottobre 2023 quando – dopo l’atroce attentato di Hamas a Israele – il governo di Netanyahu ha fatto partire la più spietata e incondizionata rappresaglia della storia. Un’azione militare che oggi conta oltre 40 mila vittime tra i civili palestinesi.
Quelli come Mona Mawari – forse centomila – si definiscono uncomitted, non allineati. Non voteranno per Kamala Harris ma neppure per Trump. Di fatto gettano il Michigan, uno degli swing state probabilmente decisivi per la corsa alla Casa Bianca, in uno stato di incertezza insopportabile.
“Non posso immaginare di votare la candidata democratica che avvalla la vendita massiccia di armi Israele, armi che contribuiscono a quello che è chiaramente un genocidio”. Spiega Mona. “Abbiamo una crisi abitativa senza precedenti nel Michigan – prosegue – un sistema sanitario a pezzi, studenti ricoperti di debiti e dovremmo fidarci dei democratici che buttano miliardi nella guerra?”
Mona Mawari non si spinge a dire che voterebbe per Trump, non ce la farebbe, ha la memoria buona e se lo ricordo il ”muslim ban” promulgato appena Trump era diventato presidente, il decreto teso a bloccare l’immigrazione islamica negli Usa. Per non parlare dell’azione diplomatica con cui Donald ha riportato i talebani a Kabul. Eppure in Michigan tra gli islamici c’è chi non la pensa come lei. Ameer Ghalib, sindaco musulmano della cittadina di Hamtramck, ha dato pubblicamente il suo sostegno Donald Trump. Hamtramck è un centro di 28mila abitanti nella periferia nord-est di Detroit, dove più del 40 per cento dei residenti è nato fuori dagli Stati Uniti. Il sostegno di Ghalib ha colto molti di sorpresa, tenuto conto che Trump si è sempre presentato come un forte sostenitore di Israele presentando Harris coma una fan di Hamas. “Non sono d’accordo con quasi nulla di ciò che dice Trump, ma stavolta è lui l’uomo da votare”, ha spiegato Ghalib.
Appena registrato l’endorsement di Ghalib, Trump ne ha subito dato conto sul suo profilo sociale di Truth Social.
La situazione è fluida e provoca emicranie ai sondaggisti di mezzo mondo. L’insoddisfazione lampante per il comportamento di Biden sulla questione israeliana, unito all’assenza di una posizione decisa ed empatica da parte di Kamala al tema palestinese, stanno azzerando i crediti che i democratici hanno accumulato in vent’anni. Quanto la rabbia degli islamici feriti possa spingerli nelle braccia di Trump, è qualcosa che fino al 5 novembre non sarà dato sapere. Fino ad allora l’esercito rancoroso degli uncommitted del Michigan rappresenterà la preda più pregiata sulla strada che apre le porte della Casa Bianca.
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