Questa volta i sindacati confederali del Trasporto locale pubblico (Tpl) si organizzano per tempo e puntano al bersaglio grosso: il ministro “Precettolaqualunqe” Matteo Salvini.
Dopo l’ottima adesione della protesta dell’8 settembre, Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt hanno deciso di scioperare per 24 ore il prossimo 8 novembre e di manifestare direttamente sotto il ministero dei Trasporti. Sebbene la legislazione sul diritto di sciopero nei servizi pubblici sia molto restrittiva, prevede comunque la possibilità di utilizzare per una sola volta durante la vertenza per il rinnovo contrattuale di uno sciopero di 24 ore senza fasce di garanzia.
Una modalità che nel settore non veniva utilizzata dal 2005 ma che i sindacati ritengono necessaria per «una ineludibile riforma del sistema» e lo sblocco del rinnovo scaduto da più di un anno che le aziende, quasi tutto a capitale a prevalenza pubblica con i Comuni capofila, non vogliono riconoscere.
VEDREMO COME SI COMPORTERÀ Salvini: le voci su una possibile precettazione – come già fatto dal ministro proprio il novembre scorso in occasione dello sciopero generale di Cgil e Uil – si susseguono.
I numeri testimoniano una situazione gravissima del settore Tpl. «Mentre tutta l’Europa investe sul trasporto pubblico locale – spiega il segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio – noi abbiamo una condizione di arretramento in tutte le città, dalle medie alle grandi, con intere fasce di cittadini che non hanno già più la possibilità di accedere al trasporto pubblico, con un finanziamento in legge di bilancio che noi reputiamo assolutamente insufficiente». Se tutti i governi hanno tagliato il Fondo per il Tpl, Salvini è stato il più draconiano: «Il fondo ha subito un taglio di un miliardo e mezzo di euro in 10 dieci anni ed è chiaro che i 120 milioni previsti in questa legge di Bilancio non servono a recuperare questo gap», conclude Malorgio.
TAGLIO CHE SI RIVERBERA sulla situazione del parco mezzi: «delle circa 50mila vetture in Italia circa il 20% è vetusta e inadeguata e non circola più», denunciano ancora i sindacati.
In più – come sottolinea la Fit Cisl – «in 20 anni il contratto si è rinnovato solo 3 volte anziché le sei previste. Tutti sono d’accordo che i lavoratori italiani abbiano gli stipendi più bassi dei colleghi europei eppure non si riesce a rinnovare il contratto».
DA NON DIMENTICARE poi il capitolo «aggressioni al personale». «Siamo un settore ad alto rischio aggressioni e c’è un mandante involontario: chi non finanzia un Tpl adeguato mettendo in contrasto tra loro lavoratori e utenti», spiega Marco Verzari, segretario generale Uilt.
IL TERZO SCIOPERO DEL SETTORE – è quindi pienamente motivato anche perché i circa 100mila dipendenti sono in calo: «Non si trovano autisti, con un contratto da 1000 euro al mese», continua la Uilt.
Per preparare al meglio la mobilitazione già da ieri è partito un volantinaggio per spiegare all’utenza le motivazioni dello sciopero. I sindacati hanno redatto unitariamente un «manifesto» del Tplt, già consegnato a Comuni e Regioni, incardinato su cinque rivendicazioni: «sicurezza, sostenibilità, regole, risorse e contratto», per «il paese e per i lavoratori».
IL TAVOLO DI TRATTATIVA aperto il 26 settembre 2023 tra organizzazioni sindacali e Asstra, Agens e Anav, è stato interrotto il 30 maggio. Come detto, quello dell’8 novembre sarà il terzo sciopero dopo lo stop. Il settore occupa oltre 100 mila addetti in circa 900 imprese – «troppe» per i sindacati – con un fatturato di circa 11 miliardi e 5,2 i miliardi di passeggeri annui.
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