Nelle audizioni in vista dell’approdo in aula della manovra è emersa la verità: il governo non investe nella sanità pubblica e usa le poche risorse a disposizione per favorire quella privata. Ieri il presidente di sezione della Corte dei Conti, Enrico Flaccadoro, ha fatto chiarezza davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato riunite. Non ha contestato i numeri, ci mancherebbe. È vero che la spesa sanitaria aumenterà, ma lo faranno anche il Pil e i prezzi.
Quindi nei fatti si «stabilizza la spesa al 6,4 per cento del Pil, un livello pari a quello registrato prima della crisi», come recita il documento presentato da Flaccadoro. Al contrario, il fabbisogno nazionale standard, cioè l’investimento del governo destinato a coprire quella spesa, diminuirà in termini reali fino al 2027. «Nel triennio – scrive la Corte – si conferma, pur attenuandosi, il profilo riduttivo delle risorse: dal 6,3 per cento del 2024 a 5,9 per cento in termini di prodotto del 2027». Per coprire il gap tra la spesa sanitaria e il finanziamento governativo dovranno intervenire le regioni, attingendo al proprio bilancio o chiedendo un contributo ai cittadini anche ricorrendo a imposte regionali sempre più esose.
Però la manovra aumenta del 3,7% i fondi per rimborsare la sanità privata per le prestazioni sanitarie fornite in convenzione. «Una variazione di rilievo», dice la Corte, che si somma all’aumento dei tetti di spesa per il ricorso ai privati allo scopo di abbattere le liste d’attesa. Quei tetti di spesa in realtà sono già stati superati. «Secondo il monitoraggio condotto sui risultati di esercizio 2023, la spesa è risultata ben al di sopra del limite disposto» sostiene la magistratura contabile. «Il finanziamento previsto dalla disposizione sembra quindi in grado di sostenere solo in parte l’incremento di spesa relativo a tale voce». Dato che nel 2025 saranno fatte poche assunzioni, come ha ammesso lo stesso ministro Schillaci, il flusso finanziario verso la sanità privata giustificato dalla necessità di coprire i buchi di quella pubblica è destinato ad aumentare ulteriormente.
Alla Corte dei Conti fa eco Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), pure lei ascoltata dalle Commissioni riunite. L’ufficio conferma le stesse perplessità della Corte dei Conti: «Considerando che la stessa spesa è prevista crescere a un tasso superiore a quello del finanziamento del Ssn, vi è il rischio di un significativo aumento del disavanzo dei servizi sanitari regionali, anche oltre il 2027» spiega Cavallari. «Alcuni interventi dispongono aumenti delle remunerazioni del personale, mentre non sono finanziate nuove assunzioni. Non viene dunque affrontata la principale criticità del Servizio nazionale, ossia la carenza di personale sanitario».
Anche l’ufficio segnala i favori riservati dal governo alle imprese: «Un altro gruppo di misure – sostiene Cavallari – è a favore di alcuni soggetti privati che operano nella sanità e nel campo della farmaceutica. Inoltre, si interviene sul riparto del finanziamento tra le regioni, plausibilmente favorendo quelle con Servizi sanitari regionali più forti». Ma non è il solito deep state che rema contro, come brontola qualcuno al governo. D’altronde, se l’unica a festeggiare la manovra è l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop), che riunisce i principali imprenditori della salute, un motivo ci sarà. Audito lunedì dal Parlamento, il presidente dell’Aiop Gabriele Pelissero aveva ringraziato il governo per «l’incremento dei volumi di attività fino al 2026», cioè per l’aumento delle prestazioni comprate dal privato: «È stata un’inversione di tendenza rispetto a un decennio di restrizioni progressive».
Il rappresentante delle imprese ha poi espresso «altrettanta soddisfazione» per gli «incrementi tariffari significativi» previsti in manovra. Il governo ha infatti deciso di alzare le tariffe che lo Stato versa ai privati per esami e interventi effettuati in convenzione, investendo 77 milioni di euro nel 2025 e ben un miliardo dal 2026 in poi. Sono fondi esplicitamente vincolati a questo scopo dalla manovra. Le regioni non potranno cioè decidere di investire queste risorse per rafforzare il servizio pubblico invece di rivolgersi alla sanità convenzionata. L’autonomia regionale è sacra, ma solo se arricchisce i privati.
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