Nelle ultime settimane, è emersa una situazione inedita e paradossale nel mondo delle forze dell’ordine italiane: i carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) stanno investigando su possibili attività illecite condotte da membri della stessa Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Lecce. Il contesto, messo nero su bianco dagli inquirenti in un’informativa, ruota attorno a un’ipotesi di spionaggio e dossieraggio illegali, dove diversi esponenti delle forze dell’ordine sarebbero coinvolti in accessi abusivi a banche dati riservate, con l’obiettivo di esfiltrare informazioni sensibili.
L’inchiesta e i protagonisti
L’inchiesta ha già portato a un provvedimento di sospensione per il maresciallo della Guardia di Finanza Giuliano Schiano, operante presso gli uffici della DIA di Lecce e sospeso per sei mesi. Secondo gli investigatori, Schiano sarebbe stato parte di una vera e propria “squadra di infedeli” all’interno della DIA, dedita ad accedere senza autorizzazione a banche dati strategiche, per scopi non ancora chiariti. Al momento, infatti, le indagini si concentrano su presunti abusi legati all’accesso e alla condivisione di dati riservati, utilizzando le risorse e le credenziali della DIA.
Le attività di questa “squadra infedele” sono state oggetto di controlli incrociati da parte del ROS, che ha agito su mandato della Procura di Varese, eseguendo una perquisizione negli uffici di Schiano. Durante l’operazione, sono stati sequestrati dispositivi digitali, come memorie portatili, schede SD, pennette USB e documenti cartacei, tutti considerati materiale utile per far luce sulla portata dell’operazione e sui dati che potrebbero essere stati compromessi.
Il Sistema Informativo Interforze e i controlli interni
La natura degli accessi abusivi al Sistema Informativo Interforze (SII), un archivio strategico che raccoglie dati riservati provenienti da varie forze dell’ordine, è al centro delle preoccupazioni degli inquirenti. Questo sistema richiede controlli regolari sui dati visionati dal personale, prevedendo un responsabile che, ogni due mesi, deve verificare campioni delle interrogazioni effettuate. Tuttavia, dalle carte emerge un possibile allentamento dei controlli da parte dei superiori di Schiano, che avrebbero permesso con “vigilanza disinvolta” un’operatività poco trasparente. Questo aspetto ha acceso i sospetti degli investigatori, che ora ipotizzano una negligenza o addirittura una complicità da parte di alcuni dirigenti della DIA.
Un’inchiesta in espansione: tra ambizioni personali e ramificazioni
Dalle intercettazioni emergono anche dettagli sugli obiettivi personali di Schiano, che, secondo quanto riportato, avrebbe manifestato l’intenzione di entrare nei Servizi di Intelligence, attratto da un significativo aumento retributivo. È stato Cornelli, un hacker coinvolto nell’indagine, a rivelare questa ambizione di Schiano, aumentando le speculazioni su eventuali contatti e moventi dietro le attività di dossieraggio.
Oltre a Schiano, nell’inchiesta risulta coinvolto anche Tommaso Cagnazzo, un sottufficiale dei carabinieri operante negli stessi uffici della DIA. La portata dell’indagine, tuttavia, potrebbe ampliarsi ulteriormente: i sospetti sulle irregolarità all’interno della “squadra infedele” di Lecce lasciano presupporre che il numero dei coinvolti sia più ampio e che i metodi utilizzati per esfiltrare dati siano più radicati del previsto.
Gli sviluppi e le implicazioni per la DIA
Questa vicenda, in cui chi è chiamato a vigilare sulla sicurezza del Paese si trova sotto indagine per abusi interni, rischia di minare la credibilità della DIA, un’istituzione chiave nella lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo. Le accuse di accesso illegale e di fuga di informazioni sensibili pongono sotto esame la struttura di sicurezza interna della DIA e il rigore con cui vengono gestiti i controlli interni.
L’evoluzione di questo caso potrebbe generare conseguenze significative per la gestione dei dati riservati a livello nazionale e per l’organizzazione stessa delle forze di sicurezza italiane.
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