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La nuova Manovra finanziaria potrebbe prevedere un ulteriore taglio alle pensioni, con una riduzione complessiva di 1 milione di euro. Il provvedimento si aggiunge al taglio già effettuato lo scorso anno per un totale di 10 milioni di euro. Una decisione che suscita indignazione tra i sindacati, in particolare la Cgil.
Pensioni in Manovra: taglio per le “ricche”
La nuova Manovra al vaglio dal Governo prevede ulteriori tagli alle cosiddette pensioni “ricche”. Si tratta di una riduzione complessiva di 1 milione di euro che interesserà le pensioni superiori a quattro volte il minimo, ovvero quelle che superano i 1.650 euro mensili. La misura si andrebbe a sommare a quella già approvata per lo scorso anno, che ha portato a un taglio di 10 milioni di euro.
Secondo il Governo, l’obiettivo è quello di ridurre la spesa pensionistica (mentre le pensioni minime aumentano) e di destinare i risparmi ad altri settori. Ci sono però dubbi sulla definizione di “pensioni ricche”, considerando la soglia e questo ha sollevato critiche.
I sindacati, infatti, sottolineano che le pensioni coinvolte da questi tagli non possono essere considerate “ricche” in senso stretto, dato che parliamo di importi attorno ai 1.650 euro mensili. Una cifra che, secondo molti, non rappresenta certo un lusso ma una somma necessaria a garantire un tenore di vita dignitoso, soprattutto in un contesto di crescente spesa.
Critiche dai sindacati sul taglio
La Cgil ha espresso forte preoccupazione per la proposta. La segretaria confederale Lara Ghiglione ha criticato duramente il provvedimento, definendolo un ulteriore attacco al sistema pensionistico. Secondo Ghiglione, queste scelte danneggiano ulteriormente i pensionati, già colpiti da altre misure di contenimento della spesa pubblica.
Gli effetti concreti di questo nuovo taglio potrebbero essere notevoli. Il Dipartimento Previdenza della Cgil e lo Spi hanno condotto una serie di calcoli per evidenziare l’impatto sulle pensioni.
Per esempio, una pensione che nel 2022 ammontava a 1.732 euro potrebbe arrivare oggi a soli 968 euro mensili. In termini annui, ciò si traduce in una perdita che può variare da 8.772 euro per un pensionato con un assegno di 1.732 euro netti, fino a 44.462 euro per chi percepisce 2.646 euro al mese.
Tali cifre evidenziano una significativa erosione del potere d’acquisto dei pensionati e pongono seri dubbi sulla sostenibilità economica di molti nuclei familiari.
Come funziona il meccanismo di indicizzazione?
Il taglio delle pensioni viene stabilito in base al meccanismo di indicizzazione. Quest’ultimo tiene conto del rimborso, stabilito all’1,5%, e prevede il recupero della somma in base a diversi scaglioni. Le pensioni che superano di quattro volte la minima subiscono un taglio completo.
Per quelle che sono tra 4 e 5 volte il minimo, il recupero è dell’85%. Le pensioni tra 6 e 8 volte il minimo vedono una riduzione del 47%, mentre quelle che sono 9 volte il minimo subiscono una riduzione del 37%. L’ultimo scaglione è soggetto a un taglio del 22%.
Il risparmio ottenuto da queste misure è notevole. Per l’anno 2024, si stima un risparmio di oltre 6 miliardi e 800 milioni di euro. Estendendo l’orizzonte temporale al decennio 2023/2032, il risparmio contabilizzato ammonta a oltre 61 miliardi di euro. Di questa somma, 36 miliardi e 805 milioni di euro derivano direttamente dal taglio delle pensioni, costituendo il 60% della minore spesa lorda.
Le cifre mostrano l’entità del risparmio per lo Stato, ma al contempo evidenziano l’impatto significativo sui pensionati (che prossimamente potrebbero andare in pensione oltre i 67 anni), che si vedono costretti a fare i conti con una riduzione dei loro assegni in un momento in cui l’aumento del costo della vita non è trascurabile.
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