Negli ultimi mesi, il dibattito sull’efficacia dei tutor scolastici in Italia ha riacceso le discussioni sulla gestione delle risorse destinate all’istruzione. L’anno scolastico 2024/25 è iniziato con una notizia significativa: la riduzione dei fondi per la figura del tutor, introdotta come parte di una strategia per migliorare il supporto agli studenti. Questo cambiamento ha alimentato numerose polemiche e interrogativi sul ruolo e sull’utilità dei tutor, considerati da alcuni una soluzione inefficace rispetto alle problematiche strutturali del sistema educativo italiano.
Il progetto dei Tutor e le aspettative iniziali
L’idea di introdurre i tutor nelle scuole italiane è nata sotto l’impulso del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. L’obiettivo era quello di creare figure di supporto per personalizzare l’insegnamento, contrastare la dispersione scolastica e aiutare gli studenti più in difficoltà o con particolari talenti. Così, scrive tecnica della scuola.
Nel corso dell’anno scolastico 2023/24, erano stati stanziati circa 150 milioni di euro attraverso i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), destinati alla formazione e compensazione dei tutor e degli orientatori.
Questa misura ha visto una partecipazione ampia da parte degli istituti scolastici: quasi tutte le scuole secondarie hanno aderito all’iniziativa, e circa 56.000 insegnanti hanno seguito la formazione per diventare tutor, superando le aspettative del Ministero.
Critiche e problemi legati alla figura dei tutor
La riduzione dei fondi ha messo in luce diverse critiche legate all’introduzione dei tutor. Alcuni sindacati e organizzazioni, come Scuola Bene Comune, hanno sostenuto che i tutor hanno aggiunto complessità burocratica al sistema scolastico, senza fornire un vero valore aggiunto nell’accompagnamento degli studenti.
Critiche se sono concentrate sul fatto che la figura del tutor potrebbe generare disparità tra gli stessi docenti, creando gerarchie interne e differenze stipendiali che non riflettono necessariamente una migliore qualità dell’insegnamento.
Altre critiche sottolineano che i tutor, sebbene teoricamente utili per coordinare percorsi formativi personalizzati, non sono stati in grado di risolvere le problematiche più profonde del sistema scolastico. Secondo alcuni, infatti, sarebbe stato più efficace investire in classi meno affollate, infrastrutture scolastiche migliori e una maggiore valorizzazione degli insegnanti.
Dimezzamento dei fondi e le conseguenze per il sistema scolastico
Il taglio dei fondi ha di fatto in pausa l’espansione della figura del tutor alle scuole secondarie di primo grado e al biennio delle superiori, che inizialmente dovevano beneficiare di questa misura a partire dal 2024/25. La mancanza di risorse per garantire un compenso adeguato ai tutor ha portato molte scuole a rivedere i propri piani di supporto agli studenti, limitando i progetti di orientamento personalizzato.
Questa situazione ha sollevato perplessità anche da parte dei sindacati, che hanno denunciato la mancanza di una visione a lungo termine nella gestione della riforma. Secondo le linee guida ministeriali, i tutor dovevano essere coinvolti per un periodo di tre anni, ma con il taglio dei fondi, la loro presenza nelle scuole rischia di essere solo temporanea, lasciando incerto il futuro di molti progetti avviati
La Prospettiva di una scuola senza tutor
Con il possibile abbandono della figura del tutor, ci si interroga su quali saranno le conseguenze per gli studenti e il corpo docente. Se da un lato i tutor sono stati percepiti come un’aggiunta che non ha portato cambiamenti sostanziali, dall’altro alcuni studenti potrebbero risentire della mancanza di un supporto individualizzato per affrontare le difficoltà scolastiche
Tuttavia, secondo alcune analisi, la loro assenza potrebbe non avere un impatto rilevante sulla qualità complessiva dell’istruzione, in quanto molti degli obiettivi promessi non sono stati pienamente raggiunti durante la fase sperimentale
La riduzione dei fondi per i tutor scolastici rappresenta un passo indietro rispetto alle ambizioni di riforma del sistema educativo italiano. Se da un lato la loro introduzione ha sollevato aspettative di rinnovamento, dall’altro la gestione incerta delle risorse e le numerose critiche ne hanno compromesso l’efficacia. Ora, il futuro dell’istruzione si trova di fronte a una sfida: rivedere le politiche di sostegno agli studenti e trovare un equilibrio tra innovazione e valorizzazione delle risorse esistenti. Resta da vedere se il Ministero dell’Istruzione saprà proporre alternative valide per rispondere alle esigenze di una scuola che continua a confrontarsi con le sue storiche difficoltà.
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