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L’ufficio del procuratore generale di Kiev ha aperto un’indagine “sull’esecuzione di massa più grave, dall’inizio dell’invasione russa, di prigionieri ucraini appena catturati”: un video girato da un drone e diffuso su Telegram – sulla cui autenticità non ci sono verifiche indipendenti – conterrebbe la prova di un nuovo crimine di guerra commesso dai soldati russi nel Donbass. Le immagini riprese dall’alto sono a bassa definizione e in bianco e nero: mostrano la fucilazione di sedici prigionieri allineati in un campo.
La scena ripresa con i visori è terribile: piccole sagome bianche emergono dalla foresta fino ad allinearsi in campo aperto, mentre altre sagome bianche ancora protette dagli ultimi alberi fanno fuoco contro di loro. Poi si avvicinano e finiscono i sopravvissuti con colpi di grazia a breve distanza; infine spariscono sotto gli alberi.
Secondo la Procura generale ucraina a sparare sono i soldati russi, e a morire i loro prigionieri ucraini. La strage sarebbe avvenuta nei dintorni di Pokrovsk – tra Mykolayivka e Sukhiy Yar, nel Donbass – ma il video apparso su Telegram martedì 1 ottobre non è geolocalizzato in modo inoppugnabile; e non ci sono prove indipendenti che si tratti di immagini originali e recenti, non manipolate e correttamente contestualizzate.
Tuttavia per il procuratore generale ucraino, Andriy Kostin, non ci sono dubbi: “È l’ennesima prova – ha twittato – che l’uccisione e la tortura di prigionieri di guerra non siano incidenti isolati ma una volontà deliberata della leadership politica e militare russa”. “Gli occupanti – sostiene la Procura – hanno deliberatamente aperto il fuoco con l’obiettivo di uccidere, e i soldati feriti che mostravano segni di vita sono stati giustiziati a distanza ravvicinata”.
I crimini contestati sono la violazione “delle leggi e degli usi di guerra” tutelati dalla Convenzione di Ginevra e “l’omicidio volontario”. Il commissario ucraino per i diritti umani, Dmytro Lubinets, ha girato la denuncia all’Onu e al Comitato internazionale della Croce rossa. Le accuse sono state rilanciate anche dall’ambasciata ucraina in Italia, e sono rimbalzate sui media occidentali provocando le prime reazioni politiche come quella del ministero degli Esteri lituano, che ha consegnato all’ambasciata russa a Vilnius una nota di protesta chiedendo che coloro che hanno ordito e commesso questi e altri crimini di guerra in Ucraina ne rispondano di fronte a un tribunale internazionale.
La denuncia di una strage di prigionieri ucraini non è un caso isolato: un mese fa è stata aperta un’altra indagine sulla presunta esecuzione di tre prigionieri di guerra ucraini nei pressi di Toretsk, sempre nel Donbass. La procura generale ucraina ha già aperto 28 casi di omicidio di prigionieri di guerra ucraini; e a settembre la Cnn ha diffuso due video che mostrerebbero esecuzioni di soldati ucraini mentre si stavano arrendendo: anche in quell’occasione erano stati ripresi da un drone, e le immagini erano state diffuse dai servizi militari ucraini corredate di una presunta trascrizione dell’audio in cui sarebbe stato pronunciato l’ordine di aprire il fuoco.
Danielle Bell, portavoce della missione Onu di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina, sostiene che il 95 per cento dei soldati ucraini catturati dai russi abbia subito forme di tortura. Ma casi di presunte torture ai danni di prigionieri di guerra sono stati denunciati dalla missione dell’Onu anche a ranghi invertiti, come in un rapporto di novembre 2022; lo stesso mese in cui la Bbc denunciò l’esecuzione di prigionieri russi da parte di un gruppo di soldati ucraini a Makiyivka, mostrata da due video girati – in quel caso da un drone e da un soldato – sempre nel Donbass ma nella regione di Lugansk.
Orrori di guerra che entrambe le parti hanno sempre negato, accusando la controparte di avere ordito una messa in scena. Ed è questa la tesi sostenuta anche oggi dai canali filorussi su Telegram, secondo cui la strage dei sedici prigionieri ucraini sarebbe proprio “una messa in scena per coprire l’eco della sconfitta sul campo a Vuhledar”, dove i soldati russi hanno appena conquistato uno dei principali bastioni della linea di difesa ucraina nel Donbass.
In un’era di manipolazioni digitali sempre più efficaci, e in un contesto di propaganda molto estesa su entrambi i fronti del conflitto, è quasi impossibile accertare con prove inoppugnabili la realtà di quello che le immagini di un drone mostrano in mezzo alla ferocia della prima linea; ma non è meno inquietante, e non è meno preoccupante.
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