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Scontro tra toghe sulle regole per nominare i vertici degli uffici #adessonews

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Care lettrici, cari lettori

la settimana della giustizia è stata molto calda su vari fronti interni di confronto. Tre in particolare: dentro il Csm, con il dibattito in quinta commissione per la riscrittura del testo unico sulla dirigenza; in Corte dei Conti, dopo l’iniziativa del governo di portare avanti la modifica dei poteri di controllo della magistratura contabile; al Ministero della Giustizia, con le critiche dopo la nomina del nuovo garante nazionale dei detenuti per il già magistrato Riccardo Turrini Vita.

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A proposito della prima questione, ho intervistato il consigliere togato di Unicost Michele Forziati, che sostiene e spiega una delle proposte in campo.

Sul fronte dei commenti, invece, l’ex magistrato Rosario Russo interviene sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio e i suoi potenziali effetti distorsivi.

La presidente di Agi Tatiana Biagioni, invece, riflette sul ruolo dell’avvocatura del futuro in concomitanza con l’apertura del convegno annuale dell’associazione.

Il tu sulla dirigenza al Csm

In quinta commissione è al vaglio la riscrittura del testo unico sulla dirigenza giudiziaria con due proposte: la A che lascia al Csm un netto margine di discrezionalità al momento della nomina, con interventi correttivi rispetto al testo attuale; la B che invece punta a fissare le regole del gioco, introducendo un sistema di punteggi per i profili dei candidati, valorizzando in particolare l’esperienza giudiziaria.

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Su questo si sono confrontate a distanza Unicost, che sostiene la proposta B, e Magistratura indipendente. In un comunicato, Unicost – che sul tema ha organizzato un convegno a Milano per l’11 ottobre – spiega che «La riforma Cartabia impone l’obiettivo di valorizzare le competenze e codifica i parametri di valutazione, riguardanti il merito, le attitudini e l’anzianità, rimettendo al Csm il compito di assegnare il rilievo da attribuire agli stessi, in relazione alla specifica tipologia di incarico da ricoprire. Riteniamo che si tratti di un’occasione storica: la modifica della circolare che il Csm dovrà varare inciderà sul modello dei dirigenti del futuro, in un momento storico in cui enormi sono le aspettative, in termini di miglioramento del servizio, sull’intero comparto della giustizia, e nondimeno pressanti le esigenze di trasparenza e prevedibilità del conferimento degli incarichi», e «nel dibattito si confrontano due “visioni politiche” distanti tra di loro». Oggi, infatti, «non possiamo non ammettere che l’attuale Testo Unico si presta ad interpretazioni ondivaghe, scarsamente comprensibili dai magistrati e dagli stessi cittadini», per questo si ritiene che «l’esercizio anticipato della discrezionalità al momento della individuazione dei criteri di scelta consenta di contemperare l’esigenza di valorizzare merito e competenza con la necessità, soprattutto in questo momento storico, di garantire, attraverso la trasparenza e prevedibilità della scelta, il sereno e proficuo esercizio dell’attività giurisdizionale ed il recupero di più ampi spazi per il Csm di esercizio delle funzioni proprie dirette a concorrere alla politica giudiziaria del Paese».

Una risposta a distanza è arrivata con una nota di Magistratura indipendente, secondo cui «assistiamo in questi giorni a proclami propagandistici di svolte epocali sulla nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari. Sono stati organizzati dibattiti in cui, ancora prima dell’esame del testo delle circolari da parte del Comitato di presidenza del Csm e del voto in Plenum, se ne illustrano ai colleghi i contenuti, così esercitando una inammissibile forma di preventivo condizionamento della volontà consiliare», si legge, con riferimento al convegno di Milano organizzato da Unicost. «Il sistema attuale si può certamente migliorare. Ma la fantastica alternativa presentata nasconde, sotto le spoglie di un epocale rinnovamento, una discrezionalità senza regole, con il ritorno ad un passato già negativamente sperimentato», «si dice che la innovativa e garantista proposta di circolare anticipa l’esercizio della discrezionalità al momento della individuazione delle regole del gioco, introducendo un sistema di punteggi fissi in relazione ai parametri (merito, attitudini, anzianità) che il legislatore ha considerato rilevanti ai fini della valutazione. Rileviamo che con l’introduzione di punteggi fissi per ogni parametro un qualsiasi algoritmo potrebbe sostituirsi alla scelta del Csm per designare anche il primo presidente della Corte di Cassazione. E’ chiaro a tutti i magistrati che questo non sarebbe consentito dalla Costituzione».

Bisognerà dunque vedere come si modelleranno i rapporti di forza in plenum, ma è chiaro che la questione spaccherà anche la compagine togata, che negli ultimi mesi aveva trovato una sorta di unità su questioni come la sospensione della consigliera laica Rosanna Natoli.

Lo scontro tra Mi e Unicost sullo stipendio dei magistrati

Lo scontro tra i due gruppi associativi, tuttavia, è continuato anche sulla mailing list dei magistrati e ha toccato anche altro e in particolare la questione dell’eliminazione della decurtazione dello stipendio per malattia dei magistrati.

Unicost, infatti, ha sostenuto che «i vertici di MI starebbero trattando separatamente con il Ministro della Giustizia per raggiungere tale obiettivo» e che «l’esperienza degli ultimi anni, alcune timidezze e ambiguità di MI e una evidente, e talvolta rivendicata, sintonia con la maggioranza di governo, fa legittimamente ipotizzare che le “trattativa” abbia come contropartita, richiesta dalla politica, l’impegno ad una maggiore accondiscendenza rispetto alle riforme costituzionali in cantiere che incidono, limitandole fortemente, su autonomia e indipendenza». E conclude scrivendo che «ai vertici di MI, da sempre con forti esperienze politiche alle spalle, non può sfuggire l’enorme rischio al quale, evidentemente inseguendo presunti ritorni elettorali, espongono tutti i magistrati italiani con iniziative di questo genere».

La risposta è arrivata con una nota di Mi firmata dalla presidente Loredana Miccichè e dal segretario Claudio Galoppi, secondo cui «l’ accusa rivoltaci in modo irrazionale e scomposto dalla Direzione nazionale di Unicost di condurre con il governo trattative riservate sulle riforme costituzionali pur di ottenere piccole contropartite a fini elettorali è falsa e infamante». Inoltre Mi «ha manifestato in tutte le occasioni
pubbliche la propria netta contrarietà alla riforma della giustizia, sotto ogni
aspetto. Ha votato tutte le delibere dell’Anm contrarie alla riforma». Poi ha spiegato che «la richiesta di incontro al ministro Carlo Nordio, anteriore peraltro alla presentazione del ddl costituzionale, è stata resa pubblica quanto a tempi e contenuti (informatica giudiziaria, UPP, indennità di malattia, tribunale della famiglia) e, come ampiamente rappresentato, non è certo diversa rispetto ad analoghi e legittimi incontri tenuti dagli altri gruppi associativi». La conclusione è dura: «Riservandoci di agire nelle opportune sedi, rileviamo amaramente come sono proprio questi atteggiamenti aggressivi e divisivi che indeboliscono la magistratura e ne minano il prestigio già profondamente compromesso».

L’accademia contro il ddl Sicurezza

Il Consiglio direttivo dell’associazione italiana professori di diritto penale ha espresso “forti preoccupazione” in relazione al ddl Sicurezza, scrivendo che ”le norme che intervengono in materia penale sono espressione di un ricorso al diritto penale in chiave simbolica di rafforzamento della sicurezza pubblica che, assunta ad oggetto diretto della tutela penale, implementa una linea di politica criminale” che “preoccupa”. Nel complesso, le norme destano preoccupazione perchè “l’ampliamento del ricorso al diritto penale confligge con i principi di proporzionalità e sussidiarietà ed opera in funzione essenzialmente simbolico comunicativa, senza che ciò significhi assicurare strumenti dotati di maggior efficacia nella tutela della sicurezza individuale e collettiva”. Queste norme “segnano un ulteriore spostamento del baricentro delle riforme verso un diritto penale d’autore che si traduce nella repressione di condotte che esprimono dissenso, emergono da contesti di marginalità sociale e denotano un pericoloso scivolamento verso una gestione securitaria dell’emergenza carceraria”.

Il nuovo garante nazionale dei detenuti

Il Cdm ha dato il via libera alla nomina di Riccardo Turrini Vita a Garante nazionale detenuti, su proposta del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. 

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Turrini Vita è un ex magistrato e dirigente del ministero presso il Dap e proprio questa sua attività pregressa ha prodotto critiche da parte del Pd ma anche della magistratura progressista e delle Camere penali.

Il Pd ha fatto notare che la nomina è avvenuta di nuovo «senza sentire il bisogno di coinvolgere il Parlamento – come avevamo chiesto – su criteri e direttrici alla base della nomina. Per questo chiediamo che al più presto il nuovo Garante venga in audizione alle Commissione Giustizia di Senato e Camera», inoltre «pur non essendo in discussione la persona del Dott. Turrini Vita né il suo curriculum, desta perplessità il fatto che si tratti di un alto dirigente dello Stato e del Dicastero della Giustizia, mentre la caratteristica fondamentale di un Garante dei detenuti deve essere quella di una netta indipendenza dalla struttura di controllo, senza ambiguità e confusione di ruoli. C’è chi ipotizza incompatibilità o addirittura qualche dubbio di legittimità della nomina stessa».

Questo elemento è stato sottolineato anche dalla giunta Ucpi, secondo cui «nel fare presto, le logiche tutte interne alle segrete stanze ministeriali, condizionate da una errata visione prospettica, mal si conciliano con il fare bene», perchè «siamo in presenza di un dirigente apicale, ancora oggi, del Dap che, a partire da domani, dovrà guidare l’ufficio del garante, indipendente da ogni potere, in una attività di monitoraggio, ispezione e controllo di tutti i luoghi di privazione della libertà».

Anche le toghe di Magistratura democratica hano espresso riserve, «a prescindere dalla persona, la cui conoscenza del mondo del carcere è fuori discussione», perchè «esiste una delicata questione di rispetto della legge. Turrini Vita, infatti, lavora al Ministero della Giustizia, amministrazione sulla quale come Garante nazionale dovrebbe esercitare il suo ruolo di controllore indipendente». Per questo «rimaniamo perplessi davanti a una nomina che, indipendentemente dalle qualità della persona, rischia di minare il principio di autonomia strutturale e funzionale dell’Autorità garante».

Corte dei conti contro la riforma 

Il Consiglio direttivo dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti guidato da Paola Briguori si è riunito in un consiglio direttivo straordinario e ha pubblicato un duro comunicato contro le scelte della maggioranza di centrodestra. L’attacco è alla proposta di legge che porta la prima firma di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia, che punta a modificare e ridurre le competenze della magistratura contabile.

L’Amcc «esprime netta contrarietà a ipotesi di riforma volte ad incidere pesantemente sui complessivi equilibri delle funzioni istituzionali della Corte dei conti come delineati dalla Costituzione», scrivono le toghe contabili, che già si erano espresse contro le modifiche durante le audizioni informali davanti alle commissioni parlamentari.

L’associazione dei magistrati della Corte dei conti ha già in prospettiva di riunirsi per approvare un piano di azione da intraprendere contro il disegno di legge ed è in calendario la convocazione dell’assemblea di tutti gli associati.

«La Corte dei conti non è freno, ma continua ad essere baricentro di legalità e garanzia per il Paese e per i cittadini che confidano nel corretto impiego delle risorse finanziarie pubbliche e, quindi, dei loro soldi», si legge nel comunicato, che apre tuttavia ad un confronto con la maggioranza, « leale e costruttivo, per promuovere processi capaci di incidere concretamente sul sistema di tutela del pubblico erario, potenziando gli strumenti di garanzia al servizio dei cittadini e di efficientamento dell’azione pubblica».

Il testo base dovrebbe arrivare alla Camera la prossima settimana, qui un approfondimento.

Penalisti contro il ddl sicurezza

L’Unione Camere Penali ha deliberato lo stato di agitazione in merito al contenuto del pacchetto Sicurezza approvato dalla Camera. Per i penalisti il decreto, «lungi dal porsi in sintonia con un programma di riforma della giustizia in senso liberale, rivela nel suo complesso e nelle singole norme una matrice securitaria sostanzialmente populista, profondamente illiberale e autoritaria, caratterizzata da uno sproporzionato e ingiustificato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli, caratterizzandosi per l’introduzione di una iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione del principio di ragionevolezza, di eguaglianza e di proporzionalità».

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Il Cnf con gli avvocati palestinesi

Il Consiglio Nazionale Forense ha espresso con una nota la solidarietà e vicinanza «agli avvocati palestinesi e condanna la distruzione della sede dell’Associazione degli Avvocati palestinesi (Pba) a Gaza, nonché le intimidazioni e gli ostacoli all’esercizio della professione forense in Cisgiordania». Per questo ha rivolto un appello affinchè le autorità italiane e gli organismi internazionali compiano «il massimo sforzo per raggiungere l’obiettivo della fine delle ostilità, garantendo l’effettiva assistenza sanitaria e l’inoltro di aiuti umanitari immediati ai civili».

Hacker al ministero della Giustizia

La polizia postale ha arrestato un hacker di 24 anni, accusato di aver condotto incursioni nei server del ministero della Giustizia, sfruttando un account di amministratore. L’inchiesta è stata condotta dal pool della procura di Napoli e ha coinvolto diversi uffici inquirenti, con il supporto della Direzione nazionale antimafia.

Il giovane è impiegato come programmatore e con una serie di perquisizioni sono stati trovati, decriptati e sequestrati diversi terabyte di dati, in parte coperti da segreto investigativo, dislocati anche su server posizionati all’estero.

Secondo il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo, presente alla conferenza stampa del procuratore Nicola Gratteri insieme con Ivano Gabrielli, a capo della Polizia postale e delle comunicazioni, è stata sventata «una minaccia grave» che «ha provocato danni alla sicurezza di infrastrutture dello Stato».

I reati contestati al 24enne  sono accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e diffusione di malware e programmi software, commessi in concorso con ignoti. Con lui sono indagate altre tre persone.

L’assemblea di Area

In programma per sabato 5 e domenica 6 ottobre l’Assemblea generale di Area democratica per la giustizia. I lavori – che partiranno alle 10 di sabato – si svolgeranno nell’Aula Magna della Corte di Cassazione, in piazza Cavour a Roma. Al centro della riflessione, il ruolo delle toghe di Area nel dibattito sulle riforme costituzionali (riforma della magistratura, autonomia differenziata e premierato) e il programma per le elezioni del nuovo Comitato Direttivo Centrale dell’Anm previste per gennaio 2025. 

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