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Roma – Sulla scrivania dei sacrifici di Giancarlo Giorgetti mancano nove miliardi. È intorno a quel tavolo che ieri mattina il ministro dell’Economia ha chiamato il suo vice, Maurizio Leo. Non a caso: è lui che ha la delega al fisco. E sono le tasse, insieme ai tagli, le riserve sensibili da cui il governo dovrà attingere le risorse che servono a completare le coperture di una legge di bilancio che si aggira intorno ai 24 miliardi.
Il convitato di pietra è il calendario. Il giorno cerchiato in rosso è martedì 15, l’ultimo giorno utile per inviare a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio (Dpb) che dovrà contenere le tabelle della Finanziaria. E quindi le entrate e le uscite, da tenere in equilibrio. Pochi giorni al Consiglio dei ministri atteso per lunedì pomeriggio.
La colonna delle spese è definita: la proroga del taglio del cuneo fiscale e della sforbiciata all’Irpef sono le due voci blindate. Hanno titoli e importi. Il resto delle misure sarà indicato a grandi linee: sanità, incentivi alla natalità, sostegno alle famiglie numerose e rinnovo dei contratti pubblici. Nel conto finiranno anche le spese indifferibili: il totale fa 24 miliardi. Eccezioni escluse. A iniziare dalla riduzione delle imposte per il ceto medio e dall’estensione della flat tax fino a 90-95 mila euro, ma dentro alla lista in bilico c’è anche la conferma del taglio del canone Rai.
I problemi iniziano quando Giorgetti e Leo scorrono insieme la colonna delle risorse a disposizione. Quelle sicure ammontano a 14,8 miliardi: ai nove garantiti dallo spazio in deficit si sommano i 2,2 miliardi delle entrate strutturali, finiti nel fondo “taglia tasse”, e i 3,6 rimasti nel contenitore che serve per attuare la delega fiscale.
I sacrifici iniziano qui. Sono ben chiari a Giorgetti, anche all’indomani della sfuriata che gli ha riservato Giorgia Meloni per le uscite sui “sacrifici” da fare per tenere in piedi la manovra. Il ministro si tiene lontano dalla riunione del Cdm che la premier presiede a Palazzo Chigi proprio negli stessi minuti in cui riceve Leo al Mef.
Una soluzione va trovata. E in fretta. Ma il set delle misure è tutto tranne che indolore. Più tagli per i ministeri, anche sopra i 3 miliardi. E poi le “mini tasse”: nel mirino ci sono i giochi. La tentazione di fare cassa con il riordino delle accise vale 1 miliardo, ma anche un certo malcontento. Sul tavolo dei sacrifici ci sono anche le tasse per i “grandi”: allo studio un aumento della web tax, che però fino ad oggi ha restituito un gettito molto basso.
La speranza è affidata al concordato preventivo biennale. I commercialisti hanno scritto a Giorgetti e Leo per chiedere un rinvio della scadenza fissata al 31 ottobre. Ma posticipare i termini farebbe slittare il conteggio delle risorse a disposizione per legge di bilancio. In Parlamento arriverà solo all’inizio di novembre. In ritardo. E in affanno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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