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Nelle 75 pagine del mio programma di governo, piene di idee e prospettive per la città, ce ne una che ritengo fondamentale e imprescindibile, per me e per la visione futura di Livorno, è la pagina 10 dove parliamo dei valori che sono la nostra cifra. Li dentro ci sono delle parole in neretto “istruzione e sanità pubblica, società plurale, libera e libertaria, lavoro e diritto alla casa, diritti civili, inclusione, antifascismo, uguaglianza ed equità, rispetto della diversità, cooperazione e integrazione”. Il tutto è indicato con riferimento alla nostra Costituzione alle linee dell’ascolto del dialogo e della partecipazione. Nelle 75 pagine tutto può essere discusso, aggiornato in base al mutamento nel tempo o alle esigenze di una città e di una comunità che cambia, tutto tranne quello che è contenuto a pagina 10.
C’è questo ragionamento alla base della situazione che si è creata in questi giorni e che ha portato alle dimissioni di Simone Lenzi. Le montagne russe mediatiche e social hanno visto centinaia di persone commentare, prendere posizione, esprimere la propria idea. Ho dovuto leggere Matteo Renzi che, partendo solo ed esclusivamente dal proprio rancore nei confronti del Fatto Quotidiano, ha espresso un giudizio dimostrando di non aver capito niente di ciò che era realmente accaduto.
Ho ascoltato le parole di Paolo Virzì, mosse dalla profonda amicizia con Simone Lenzi, che sono rimaste solo ad un livello superficiale rispetto al complesso scenario esistente, parole che sono dettate dal comprensibile dispiacere per un amico che passa un brutto momento. Ho visto la corsa serrata di gente di destra, pronta a strumentalizzare la questione schierandosi a sostegno di chi, come Simone Lenzi, in maniera chiara e con grande coraggio qualche tempo fa li rimbrottava in consiglio comunale perché erano specchio di una politica nostalgica, autoritaria e illiberale.
Ho letto esponenti di movimenti politici pronti a strapparsi le vesti per le offese al mondo Lgbtqai+ e poi eclissarsi quando c’era da commentare, ed eventualmente apprezzare il percorso successivo, perché non era solo più ammiccante nei confronti di quel mondo ma implicava anche un elogio alle posizioni di coraggio e integrità istituzionale dimostrate. Insomma un quadro variegato che sarebbe da esplorare, di quelli che ormai quotidianamente affollano le arene politiche tra ipocrisie e “tornacontismo”.
Per me alla fine rimangono fondamentalmente due cose; il grande rapporto, la condivisione e l’affetto per Simone Lenzi con il quale ho condiviso cinque anni in cui insieme abbiamo fatto cose belle per Livorno e i livornesi e la conferma, in questo caso dolorosa, che a muovere la mia coscienza e il mio operato da Sindaco sono solo ed esclusivamente l’interesse della città, della sua immagine e della sua reputazione, e quei valori che sono a pagina 10 del nostro progetto politico e amministrativo, anche a costo di sopportare un amarezza e un dispiacere senza limiti.
*L’autore è sindaco di Livorno
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