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ROMA – «Scusi, possiamo sentirci tra qualche giorno? Sto preparando un esame e vorrei evitare distrazioni». Sarebbe una richiesta normale, se non fosse che a formularla è Michele Antonio Carmosino (Mimmo), 76 anni. «Vorrei laurearmi a breve. Per la decima volta».
Facciamo un passo indietro. Ci racconta?
«Nel 1972, a 24 anni, mi sono laureato in ingegneria elettronica. Dopo aver ottenuto l’abilitazione, ho cominciato a lavorare come ingegnere delle telecomunicazioni alla SIP. Poi mi sono sposato con Paola, professoressa di lettere, e sono nate le nostre figlie, Cinzia e Chiara».
Fino qui nulla di eccezionale. Quando è tornato all’università?
«Nel 1996, a 48 anni, mi sono iscritto a Giurisprudenza all’Università di Macerata. Quattro anni dopo, mi sono laureato con una tesi sul telelavoro e, superato l’esame di Stato, ho iniziato a esercitare anche come avvocato»
Poi?
«La mia sete di conoscenza non era ancora appagata. Così, nel 2004, sono tornato alla Sapienza per ottenere una laurea in Economia e Commercio. Successivamente, nel 2006, ho conseguito una laurea magistrale in Lettere Classiche e una specialistica in Editoria. Poi ho completato una laurea triennale in Lingue Moderne, seguita da una magistrale in Traduzione Letteraria. Infine, nel gennaio 2011, ho ottenuto un’altra laurea in Scienze Politiche».
Siamo arrivati al 2011, 63 anni, 8 lauree…
«Non mi sono fermato. Nel 2022, all’età di 74 anni, ho completato anche una laurea in Medicina, con tanto di abilitazione. Il mio relatore mi suggerì di pubblicare la tesi, uno studio approfondito sulla malattia di Alzheimer. Gli risposi scherzando: “Professo’, che va pensando: qui ci vuole qualcuno che curi me!».
A proposito, come sta?
«Benissimo, la memoria regge, anche se qualche volta le parole fanno giri lunghi. Come quando all’esame dovevo dire che la scultura più nota di Antonio Canova è “Amore e Psiche”, ma non mi veniva “Psiche”. Il professore stava per darmi 29: rifiutai, perché non avevo mai preso meno di 30. Lo invitai a farmi un’altra domanda e alla fine presi la lode».
I primi nove titoli li ha conseguiti tutti a La Sapienza di Roma, tranne uno, e sempre con 110 e lode.
«Li ho dedicati tutti a mia moglie, scomparsa molti anni fa. Su ciascuna tesi ho inciso la frase: “All’infinito, tutto come ogni attimo della mia vita, dedicato a Paola”. È stato il grande amore della mia vita. Mi ha incoraggiato e dato forza, senza ostacolarmi, nemmeno quando partivo per lunghi viaggi».
Ce ne racconta qualcuno?
«Nel 1978 fui tra i primi ad entrare in Tibet: sul mio passaporto c’è il timbro numero 17, il numero 1 lo diedero a Giulio Andreotti, che era Ministro degli Esteri. Durante quel viaggio ho condiviso un tratto del cammino con Reinhold Messner. Lui era accompagnato da una troupe televisiva, mentre io giravo documentari per conto mio. Complessivamente, ho fatto tre volte il giro del mondo».
Cosa le dicono i suoi amici e famigliari?
«Mi fanno dei complimenti, ma io non ne capisco il motivo. Se ti piace l’amatriciana e la mangi spesso, nessuno ti elogia per questo, giusto? A me piace studiare. Perché dovrebbe essere diverso?».
E gli studenti?
«All’inizio mi chiamano “signore” o “dottore”. Sono sorpresi. Quando ci conosciamo meglio, mi chiedono consigli per affrontare agli esami. Io mi siedo con loro, anche per terra se l’aula è affollata, e gli rivelo il mio trucco: il giorno prima dell’esame non apro i libri. Mi vogliono bene, perché faccio quelle domande ai professori che loro non hanno il coraggio di fare. Ma anche perché condivido sempre gli appunti».
Come reagisce?
«Tanto affetto mi gratifica. Sono felice se posso essere d’esempio».
Quale sarà il prossimo traguardo?
«Vorrei laurearmi in comunicazione scientifica biomedica entro un paio di settimane. Nel frattempo sto frequentando il terzo anno in studi storico- artistici». (Dal 2021 è possibile iscriversi contemporaneamente a due corsi di laurea, ndr).
Studierà ancora?
«Devo aspettare l’inaugurazione di nuovi corsi, visto che ormai ho frequentato quasi tutti quelli disponibili».
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