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Criteri ESG nelle PMI italiane: un approccio strategico #adessonews

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Integrare i criteri ESG (Environmental, Social, Governance) nelle (e per le) PMI italiane è non più soltanto importante: è imprescindibile. Non basta rispettare le normative per diventare sostenibili o competitivi.

La sostenibilità richiede un approccio strategico e la capacità di misurare e migliorare continuamente le performance aziendali.

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Il crescente interesse delle PMI italiane per i criteri ESG

Negli ultimi anni, i criteri ESG (Environmental, Social, Governance) hanno assunto un ruolo sempre più centrale nel panorama globale, aziendale e non.

L’acronimo ESG indica un insieme di parametri utilizzati per misurare e migliorare le performance di sostenibilità delle imprese, con l’obiettivo di ridurre i rischi e creare valore a lungo termine. In sostanza, i criteri ESG rappresentano un nuovo approccio alla gestione aziendale, che va oltre la semplice massimizzazione dei profitti per includere anche l’impatto sull’ambiente, sulle persone e sulla società.

Questo approccio tridimensionale alla gestione aziendale sta ridefinendo il concetto di successo imprenditoriale, andando oltre i meri indicatori finanziari.
Il crescente interesse verso i criteri ESG è determinato da diversi fattori:

  • in primo luogo, ci sono le preoccupazioni legate al cambiamento climatico e alle disuguaglianze sociali, che hanno spinto i governi e le organizzazioni internazionali a definire normative più stringenti;
Il Green Deal europeo, ad esempio, mira a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, promuovendo una transizione ecologica che coinvolge tutti i settori dell’economia. Questo comporta anche l’introduzione di obblighi di rendicontazione ESG più rigorosi, come previsto dalla nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che impone alle imprese di riportare in modo dettagliato le proprie pratiche sostenibili.
  • in secondo luogo, il ruolo degli investitori è diventato cruciale; sempre più fondi di investimento adottano criteri ESG nella selezione delle aziende su cui puntare, spingendo le imprese a migliorare le proprie performance ambientali e sociali per attrarre capitali;

Numerosi reports evidenziano come le aziende che adottano pratiche sostenibili tendano a registrare una migliore performance finanziaria a lungo termine, grazie alla maggiore efficienza nell’uso delle risorse e alla riduzione dei rischi legati a controversie legali o sociali. Gli investitori non cercano più solo profitti a breve termine, ma vogliono assicurarsi che le aziende siano preparate a gestire i rischi futuri, inclusi quelli ambientali e sociali.

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  • infine, il cambiamento normativo e il mutamento nelle priorità degli investitori hanno spinto le aziende di tutto il mondo a rivedere le proprie strategie, rendendo l’integrazione dei criteri ESG una necessità per rimanere competitive sul mercato.

Tuttavia, mentre per le grandi aziende con risorse adeguate è relativamente più facile adottare queste nuove prassi, per le piccole e medie imprese (PMI) il percorso può risultare più arduo.

Il contesto italiano dei criteri ESG: le sfide delle PMI

L’Italia è nota per il suo tessuto industriale fatto di piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano la stragrande maggioranza delle aziende e fra il 70 e l’80% del PIL.

Questo modello imprenditoriale ha profonde radici storiche e culturali.
Le PMI sono spesso radicate nelle comunità locali e hanno un forte legame con il territorio: questo può essere un vantaggio (quando si tratta di adottare pratiche sostenibili che rispondano alle esigenze ambientali e sociali del contesto), ma anche un elemento critico (quando si tratta di adozione dei criteri ESG.

Uno dei principali ostacoli è la mancanza di risorse finanziarie e di competenze specifiche per gestire le tematiche della sostenibilità in modo strategico: le PMI, infatti, spesso operano con margini ridotti e non possono permettersi di dedicare risorse umane esclusivamente alla gestione delle questioni ESG.

Senza contare che la frammentazione delle normative (che possono variare ai vari livelli: locale, nazionale ed europeo), la burocrazia e la stessa struttura decisionale delle PMI (spesso centralizzata e tradizionalista…) complicano ulteriormente l’implementazione dei criteri ESG, dal punto di vista burocratico, gestionale ed economico.

Il management e governance delle PMI italiane: un’analisi critica

Il management delle PMI italiane svolge un ruolo fondamentale nell’adozione delle pratiche ESG, ma presenta caratteristiche peculiari che possono rappresentare un limite.

Molte PMI, come s’è fatto cenno, sono a conduzione familiare, e la gestione è affidata a membri della famiglia o a dirigenti di lunga data, con un forte orientamento alla continuità aziendale piuttosto che all’innovazione.

Se da un lato questo modello di governance ha contribuito alla resilienza delle PMI durante le crisi economiche, dall’altro rappresenta un ostacolo alla modernizzazione e alla capacità di integrare i criteri ESG in modo organico e sistematico. Quando l’obiettivo principale è mantenere la continuità aziendale e ridurre i costi, infatti, le iniziative ESG possono essere viste come superflue o non prioritarie.

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La mancanza di figure specializzate in ESG è una delle principali sfide. Ancora oggi le PMI tendono ad avere una struttura organizzativa ridotta e poco gerarchica, con pochi manager che si occupano di molteplici attività.

Questo porta a un approccio reattivo invece che strategico verso la gestione delle questioni ESG: molte PMI adottano pratiche sostenibili solo in risposta a pressioni normative o richieste specifiche dei clienti, anziché integrarle nella loro visione di lungo termine.

La professionalizzazione e la valutazione delle performance

La professionalizzazione del management potrebbe rappresentare una soluzione per superare queste sfide: introducendo figure esperte in sostenibilità o collaborando con consulenti esterni, le PMI possono iniziare a considerare le tematiche ESG come parte integrante della loro strategia.

Iniziative di formazione continua possono fornire competenze fondamentali ai manager delle PMI: i corsi di aggiornamento che includono i criteri ESG nei percorsi formativi rappresentano un passo cruciale per colmare le lacune di competenze.

Non meno importante è l’adozione di metriche di valutazione della performance che includano anche i criteri ESG.

Tradizionalmente, le PMI italiane tendono a concentrarsi esclusivamente sui risultati economici, marginalizzando l’integrazione degli indicatori legati all’impatto ambientale e sociale, che potrebbe favorire un cambiamento culturale interno, orientando l’azienda verso pratiche più sostenibili.

La trasparenza nelle pratiche ESG e nella governance aziendale, non ancora diffusa come si auspicherebbe, potrebbe contribuire a costruire relazioni di fiducia con gli stakeholder e ad aumentare la reputazione aziendale.

La partecipazione e il coinvolgimento come chiave di lettura per il futuro

Ma non basta.
Per favorire l’integrazione dei criteri ESG nelle PMI italiane, è necessario un intervento coordinato che coinvolga tutti: il Governo, le istituzioni locali, le associazioni di categoria e le stesse imprese.
Tutti gli stakeholders.

Il Governo può svolgere un ruolo chiave attraverso la promozione di politiche visionarie che incentivino l’adozione di pratiche sostenibili: stop alla gestione dell’emergenza a favore di politiche industriali degne di tale nome, con obiettivi ambiziosi (misurabili) e scansioni temporali cogenti.

Le associazioni di categoria devono supportare di più e meglio le PMI italiane attraverso programmi di formazione, consulenza e networking, e possono facilitare lo scambio di buone pratiche e promuovere la cooperazione tra le imprese, aiutando a superare le barriere culturali e operative che ostacolano l’adozione dei criteri ESG.

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La formazione continua del management e dei dipendenti deve diventare un mantra per le imprese, che devono guardare non solo al loro interno, ma lungo tutta la catena del valore.

La forza dell’unione e la gestione del cambiamento

Nessuna azienda può diventare (più) competitiva ope legis, e tantomeno si può pensare che possa diventare sostenibile solo per effetto di una compliance normativa.

Il mondo, in generale, è complesso, e lo è ancora di più quando ci si focalizza su temi così delicati, come quelli ESG: non è più sufficiente (ammesso e non concesso che lo sia mai stato) agire di rimessa, intervenire con correttivi, gestire l’emergenza per raggiungere obiettivi di sostenibilità.

Occorre ripensare la propria capacità di generare valore, in termini assoluti (la propria azienda) e relativi (la propria azienda lungo la catena del valore).
Il contesto, oggi, è diverso rispetto a quello di soli pochi anni fa, e occorre gestire il cambiamento, questo cambiamento.

Ma soprattutto: guidare il cambiamento.
L’integrazione dei principi ESG rappresenta una sfida ma anche un’opportunità imperdibile per le PMI italiane: il successo in questa transizione dipenderà in larga misura dalla capacità del management di – per l’appunto – guidare il cambiamento, coniugando l’agilità tipica delle piccole realtà con una visione strategica di lungo periodo.

Per il tessuto imprenditoriale italiano, l’ESG non è solo una questione di compliance, ma una leva per reinventare il proprio modello di business, preservando al contempo quei valori di qualità e innovazione che hanno reso il Made in Italy un brand globale, e non soltanto il nome (vuoto, se non riempito di contenuti. Validi) di un ministero…



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